Cosa ci dice Gregory Bateson nel suo libro “Dove gli angeli esitano”

Cosa ci dice Gregory Bateson nel suo libro “Dove gli angeli esitano”

Cosa ci ha voluto dire Gregory Bateson con il suo ultimo libro “Dove gli angeli esitano”, scritto poco prima di morire? Qualche giorno fa mi sono posto questa domanda in modo perentorio e questa è la mia risposta, che vorrei condividere con voi, anzi, mettere in discussione con voi.

Dagli aneddoti e dai metaloghi sul senso del sacro narrati nel libro, mi sembra che emerga un conflitto molto profondo, direi esistenziale, tra due concezioni della ragione, l’una che la considera come una risorsa, l’altra come una minaccia, per la vita e la società.

Il sacro è considerato (da chi lo riconosce come tale) una cosa di importanza vitale, assoluta e fondamentale, insostituibile, indiscutibile, non un diversivo, non uno dei tanti aspetti della vita, non un’opzione tra tante. Il sacro, sia come idea, sia nelle sue manifestazioni rituali, è visto dai suoi adoratori come qualcosa a cui rivolgersi per conservare e difendere la propria identità e integrità non solo morale e sociale, ma direi perfino sistemica.

Contro chi questa integrità vuole difendersi? Semplicemente contro la ragione, la razionalità, il ragionare, la logica, il giudizio critico, l’utilitarismo e cose di questo genere. A tal proposito ritengo che gli esseri umani possano essere sommariamente divisi in due grandi categorie: i razionalisti e gli spiritualisti, gli uni contro gli altri armati.

La questione fondamentale che sottende il libro, a mio avviso, riguarda il valore e il disvalore della ragione, il bene e il male che da essa può scaturire. La posizione di Gregory a tale riguardo credo sia “centrista” non essendo lui né razionalista né spiritualista (o essendo entrambe le cose) , anche se era spesso considerato spiritualista dai razionalisti e razionalista dagli spiritualisti. A tal proposito voglio azzardare l’ipotesi che Gregory abbia scritto “Dove gli angeli esitano” proprio per riequilibrare la sua posizione, troppo sbilanciata a favore del razionalismo nelle pubblicazioni precedenti, con particolare riguardo alla sua celebrazione della cibernetica.

Non vi è dubbio che gli enormi danni che l’uomo ha fatto all’ambiente naturale e a se stesso siano imputabili alla sua ragione, in quanto libera dai vincoli della natura stessa. Voglio dire che, in un certo senso, la ragione è contro-natura (compresa la stessa natura umana), in quanto considera la natura una sua proprietà di cui può disporre come vuole, ignorandone le esigenze.

Gli obiettivi della ragione sono essenzialmente utilitaristici. Si tratta di risolvere dei problemi e di soddisfare dei bisogni con la massima produttività, ovvero col massimo risultato, il minimo sforzo/costo e nel minimo tempo, senza limiti, senza impedimenti, anzi, superando senza esitazione ogni limite e impedimento che dovessero presentarsi.

Non è così che funziona la natura. Infatti l’evoluzione naturale procede casualmente senza seguire alcuna logica o finalità, se non quelle scritte nei codici genetici, mutabili molto raramente e casualmente. Tuttavia, mentre l’evoluzione naturale assicura una certa stabilità alle specie che sopravvivono, la ragione può essere molto distruttiva in tempi brevi, specialmente a causa della competizione tra gli esseri umani, che, al fine di prevalere gli uni sugli altri, possono usare mezzi sempre più potenti e distruttivi, di cui nessun’altra specie vivente può disporre.

D’altra parte il progresso umano, ovvero l’evoluzione culturale, sono interamente dovuti alla ragione. Di conseguenza, a mio giudizio, con qualche eccezione, i razionalisti coincidono tipicamente con i progressisti, e gli spiritualisti con i conservatori. Infatti il sacro si alimenta con i propri riti, che non hanno nulla di creativo, di progressista, sono perfettamente e assolutamente ripetitivi e conservatori, come dogmatiche sono le relative credenze.

L’ordine sociale e morale degli spiritualisti (cioè dei fautori del sacro) è di natura sostanzialmente sentimentale/emotiva, vale a dire fondato sull’amore e sul timore, sulla venerazione dell’autorità religiosa e sulla sottomissione intellettuale ad essa. L’ordine sociale e morale dei razionalisti (cioè dei detrattori del sacro) è invece di natura essenzialmente logica e utilitaristica. Ne consegue una difficoltà di convivenza e di cooperazione tra persone che non appartengono alla stessa categoria “esistenziale”.

Dopo questa lunga digressione, torno alla domanda con cui ho esordito: cosa ci vuole dire Gregory con le pagine che stiamo leggendo? Ebbene, in poche parole, credo ci voglia dire che la ragione deve guardarsi da se stessa e muoversi con cautela, esitando ogni volta che propone qualche cambiamento ad un sistema (sia naturale che culturale) che si è formato senza di essa o con poco di essa, perché il cambiamento potrebbe rompere un’integrità che la ragione stessa potrebbe non essere in grado di sostituire con una più sana e altrettanto forte.

Tuttavia, per Bateson (e anche per me) la ragione non va demonizzata, non va combattuta in quanto ragione, ma va educata al rispetto della natura, compresa la natura umana, compreso il rispetto del sacro, perché senza il contributo della ragione il sacro da solo ci riporterebbe indietro nell’evoluzione culturale.

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