Dalla paura dell’arroganza alla paura del successo

Dalla paura dell’arroganza alla paura del successo

Tra le trappole mentali in cui si può cadere, c’è la paradossale paura del successo. Questo fenomeno consiste in un’auto-limitazione o auto-boicottaggio (involontari e inconsci) che ostacolano la manifestazione di qualità e capacità, da parte del soggetto, che dimostrerebbero una sua certa superiorità in particolari aree di competenza (specialmente di tipo intellettuale o etico) rispetto alle persone con cui esso interagisce abitualmente.

Il motivo dell’auto-limitazione o auto-boicottaggio, in termini psicodinamici, può essere legato alla paura inconscia di essere accusati di arroganza, cioè di voler dimostrare la propria superiorità, tendenza considerata un grave difetto o vizio dalla maggior parte della gente, oltre che motivo di irritazione e antipatia, laddove la modestia e l’umiltà sono considerate virtù.

La Psicologia dei bisogni, spiega questo fenomeno facendo riferimento all’agente mentale (anche detto dèmone) denominato “Alfa-io”, che presiede ai bisogni di prevalenza, cioè alla tendenza ad occupare la posizione gerarchica più vantaggiosa (sia in termini di prestigio che di potere) consentita dalla comunità di appartenenza e dalle proprie doti e capacità.

Ma l’Alfa-io deve scendere a patti con l’altro dèmone chiamato Super-io, che, invece, presiede ai bisogni di appartenenza e integrazione sociale, il quale impone una censura all’Alfa-io per evitare il rischio che il soggetto venga emarginato o comunque punito dalla comunità a causa della sua “superbia”. Per effetto di tale censura, l’Alfa-io è spinto a nascondere la sua eventuale superiorità dietro una maschera di modestia e umiltà più o meno convincenti.

Succede però che l’Alfa-io non rinunci facilmente al bisogno di prevalere, e cerchi di asserire le proprie capacità in modo indiretto, implicito o camuffato, specialmente attraverso lo scambio di opinioni su fatti umani e sociali, con particolare riguardo all’etica, politica, filosofia, psicologia e cultura in generale. In tal caso il soggetto coglierà l’occasione di qualsiasi discussione per mettere in evidenza la sua superiore cultura o moralità, anche, eventualmente, criticando o contraddicendo quelle espresse dai suoi interlocutori, i quali però, intuiranno tale strategia e reagiranno ad essa con irritazione, fastidio, e, in casi estremi, con aggressività verbale e critiche al carattere del soggetto e al suo modo di porsi, accusandolo, appunto, di arroganza, o addirittura di asocialità.

L’arroganza, cioè l’inclinazione al confronto in cui si determina chi è superiore e chi inferiore, chi ha ragione e chi torto, è temuta soprattutto da coloro che temono di risultare perdenti dal confronto stesso, perché lo stato d’inferiorità viene associato (consciamente o ancor più inconsciamente) con il rischio di essere espulsi dalla comunità o condannati ad una posizione gerarchica svantaggiosa. Tutto ciò è analogo a quanto avviene tra i polli, che si combattono finché non si stabilisce e si conviene un chiaro “ordine di beccata”, in cui ognuno sa chi può mangiare prima di chi, chi può beccare chi, e chi può essere beccato da chi.

Lo psicologo Alfred Adler (1870–1937), nella sua Psicologia individuale, enfatizza l’importanza dei sentimenti di inferiorità nello sviluppo della personalità e dei disagi mentali, con particolare riguardo ai fenomeni di compensazione, in cui una persona con inferiorità biologica tende normalmente a sviluppare una superiorità culturale (in qualche ambito particolare), per ottenere una posizione di rispetto nella comunità di appartenenza. Aggiungerei che ci sono anche persone ipodotate intellettualmente che cercano di compensare la loro inferiorità sviluppando una superiorità fisica, per esempio, dedicandosi con impegno ad uno sport.

In base a tale ottica, c’è da aspettarsi che siano le persone che hanno sentimenti d’inferiorità congenita quelle che più appaiono come arroganti, in quanto cercano di mostrare una superiorità compensativa.

Ne consegue che una persona può essere affetta da un complesso d’inferiorità e al tempo stesso uno di superiorità che è conseguenza della compensazione già avvenuta o in corso di sviluppo.

Può tuttavia succedere che una persona sia intellettualmente dotata e nettamente superiore ai suoi conoscenti, in modo congenito, cioè non per effetto della compensazione di una inferiorità originale, ma per un dono di natura. Purtroppo, nemmeno questo tipo di persona è immune dall’accusa di arroganza da parte dei meno dotati, i quali sono normalmente animati da invidia e gelosia più o meno consapevole.

In entrambi i casi (superiorità innata o acquisita) si può sviluppare nel soggetto una paura del successo, in quanto dimostrazione di superiorità che lo espone ad accuse di arroganza. Perché quanto più uno cresce e supera se stesso, tanto più, fatalmente, supererà anche gli altri che non sono cresciuti nella stessa misura in un particolare ambito.

A seconda del temperamento del soggetto “superdotato” sono allora possibili diverse carriere:

  • rinuncia al successo mediante auto-limitazione o auto-boicottaggio, in modo da evitare il rischio di essere accusati di arroganza;
  • sfida contro coloro che lo accusano di arroganza e assunzione di un atteggiamento volutamente e consapevolmente “arrogante”;
  • assunzione di falsa modestia, cioè negazione, a parole, delle proprie capacità superiori nonostante la loro evidenza.
  • cercare il successo nella mediocrità, esaltandola e onorandola, ed evitando di mettere in campo le loro doti, come tanti personaggi dello spettacolo, che non fanno sentire nessuno dei telespettatori a lui inferiore.
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