Se abbiamo trattato ingiustamente una persona possiamo di conseguenza sentirci in colpa. Tuttavia è possibile che il nostro senso di colpa non sia diretto verso la persona vittima della nostra ingiustizia, ma verso la comunità a cui entrambi (noi e la vittima) apparteniamo, perché temiamo di essere espulsi o emarginati da tale comunità a causa della nostra colpa.
In altre parole, suppongo che, a livello inconscio, il senso di colpa non si applichi alle relazioni bilaterali tra individui, ma a quella tra un individuo e la comunità a cui appartiene.
Infatti, se commettiamo una ingiustizia verso uno “straniero” probabilmente non ci sentiamo in colpa, o ci sentiamo in colpa molto meno che nel caso in cui la vittima sia un membro della nostra comunità.
In conclusione, suppongo che il senso di colpa sia un meccanismo biologico che serve soltanto ad assicurare la coesione sociale, ovvero l’appartenenza di ognuno di noi ad una comunità, a causa della nostra interdipendenza. Il senso di colpa esprimerebbe soltanto la paura di essere espulsi dalla comunità e non il timore di rovinare una relazione a due.