Al di fuori delle emergenze fisiologiche, l’uomo, consciamente o inconsciamente, cerca soprattutto di occupare un posto nella società che gli assicuri un certo rispetto da parte degli altri ed un certo potere sugli altri, tali da permettergli una cooperazione tale da assicurargli una vita abbastanza sicura e piacevole.
Potremmo chiamare l’oggetto della ricerca un “buon posto nella società”.
Ovviamente ognuno ha un’idea soggettiva di quale possa essere tale posto per sé e quale per gli altri, ovvero di quali caratteristiche e quali forme esso possa o debba avere.
Un certo “posto sociale” implica certi ruoli e certi rapporti gerarchici con gli altri, in gerarchie politiche, economiche, intellettuali, estetiche e morali.
Purtroppo è difficile che le persone trovino un accordo sui rispettivi posti sociali. Ognuno si lamenta perché gli altri non gli riconoscono il posto che vorrebbe avere, o perché gli altri occupano un posto che ritiene
immeritato.
Questo disaccordo e queste lamentazioni sono causa di conflitti e di guerre, più o meno esplicite e più o meno cruente.
Come risolvere tali disaccordi? Non è facile, e non è certo che possano essere risolti.
Normalmente ognuno finisce per accettare dei compromessi, ovvero il posto sociale “meno peggio” possibile rispetto alle proprie ambizioni.
Tuttavia, affinché il compromesso sia davvero il “meno peggio”, conviene prendere coscienza del gioco, che si potrebbe chiamare “status game”, e delle variabili in gioco per quanto riguarda la propria persona e le proprie risorse.
La psicologia dovrebbe servire soprattutto a questo.