Quando due o più persone che si conoscono conversano sorridendo, e ogni tanto ridono sonoramente, di cosa parlano? Perché sorridono? Perché ridono?
Suppongo che tutti i discorsi conviviali vertano inconsapevolmente intorno al concetto di “normalità” culturale. Infatti sentirsi normali fa piacere, e considerare con ambivalenze, dubbi, e sorprese la normalità di qualcuno può avere effetti umoristici.
Confermare reciprocamente la propria normalità è rassicurante, come pure il confermare quali siano i criteri della normalità da applicare in un certo contesto sociale.
I più loquaci tra i presenti raccontano qualche fatto che è capitato loro, o che hanno saputo da qualcun altro, e il loro racconto è cosparso di esami di normalità, cioè di considerazioni sulla normalità o meno di certi comportamenti di qualche personaggio, o di se stessi.
Insomma, suppongo che una normale conversazione conviviale consista in discorsi sulla normalità, ovvero in resoconti di avvenimenti, e analisi di normalità dei comportamenti dei personaggi coinvolti.
Se questo è vero, il valore che sottende le conversazioni amicali è dunque la normalità, declinata secondo gli schemi e i codici comportamentali di una certa cultura.