Ogni umano ha un bisogno primario, oserei dire un istinto, di condividere cose concrete o astratte con altri umani. Qualsiasi cosa può soddisfare tale bisogno purché sia condivisibile, anche le cosa più insensate.
A tal proposito, io ho il sospetto che quanto più una cosa è insensata, tanto più essa si presta per essere condivisa, perché tanto meno richiede una convalida razionale. Infatti non tutti hanno un livello di intelligenza sufficiente per convalidare razionalmente le cose da condividere.
La religione e il sacro costituiscono esempi di insensatezza condivisa. Parte dell’insensatezza consiste proprio nel fatto di rifiutare ogni convalida razionale della cosa condivisa, che deve essere accettata per il solo fatto di essere tradizionalmente condivisa, senza alcun’altra ragione.
Ad esempio possiamo immaginare la creazione di una comunità basata sulla condivisione della sacralità del numero 5136 (un numero che ho scelto a caso). o del rito in cui si consuma in gruppo un cibo costituito da pane impregnato di succo di mela, o della convinzione di essere l’unica comunità destinata all’immortalità.
Ovviamente, chi non condivide certe insensatezze non può far parte della comunità che le condivide, e per molti venerare l’insensatezza è meglio che l’esclusione dalla comunità che la venera.
