Conflitto tra coscienza e corpo per la supremazia

Conflitto tra coscienza e corpo per la supremazia

In questo articolo parlo della «coscienza» intesa non come giudizio morale, ma come conspevolezza, ovvero come percezione, sensazione e rappresentazione mentale della propria realtà interna ed esterna presente, passata e potenzialmente futura, nei suoi aspetti cognitivi, emotivi e motivazionali. In altre parole per coscienza intendo la sensazione e visione mentale di ciò che sta avvenendo, è avvenuto e potrebbe avvenire sia al proprio esterno che al proprio interno.

In tal senso considero equivalenti i termini “coscienza” e “io cosciente” (o semplicemente “io”), supponendo che vi sia anche un “io inconscio”, costituito dalle parti della mente e del corpo della persona non dotate di coscienza, e il cui funzionamneto è pertanto automatico e involontario.

Nella cultura di impronta cristiana, la coscienza è stata sempre considerata come separata dal corpo e superiore ad esso sia in termini di importanza morale, sia come capacità e funzione di controllo razionale del comportamento.

A parer mio, questa visione delle coscienza è biologicamente falsa, oltre chedeleteria, nel senso che può essere causa di sofferenze e di malattie fisiche e psicosomatiche.

Infatti, a mio avviso, la coscienza è una “funzione” dell’organismo (anche se i neuroscienziati non l’hanno ancora localizzata nel cervello né altrove) e dovrebbe servire all’individuo per aiutarlo a sopravvivere e a riprodursi, secondo il codice genetico dell’organismo stesso.

Tuttavia, nell’uomo, nel corso dell’evoluzione biologica e culturale, la coscienza si è sviluppata a tal punto e in modo tale da rivolgersi contro lo stesso organismo, nel senso di volerlo dominare, di imporgli cosa esso dovrebbe volere e non volere, desiderare e non desiderare, amare e non amare, fare e non fare, pensare e non pensare.

La ribellione della coscienza rispetto al resto dell’organismo che la ospita è dovuta soprattutto alla cultura, e in particolare alle religioni, che esaltano la coscienza come principio e “anima” della vita, al di sopra della vita stessa. In realtà avviene l’esatto contrario, essendo la coscienza emersa dopo l’organismo biologico, come sua ulteriore funzione, e quindi al suo servizio. Ciò è dimostrato dal fatto che l’organismo continua a funzionare, cioè a vivere, anche in assenza di coscienza.

La coscienza dovrebbe dunque servire all’organismo, come qualsiasi altro organo, a partire dalle cellule. Purtroppo, però, una coscienza può impazzire, nel senso che può smettere di servire l’organismo che la ospita, e svilupparsi indipendentemente, come una cellula tumorale, cosa che può condurre a malattie o alla morte dell’organismo stesso.

Finché la coscienza cercherà di dominare il corpo ignorandone i bisogni e le richieste, l’umanità, in quanto specie biologica e in quanto società, si troverà in gravi difficoltà, sarà soggetta a notevoli sofferenze e rischierà l’estinzione.

Per migliorare la condizione umana è necessario, a mio avviso, che le coscienze comprendano che esse debbono servire l’organismo che le ospita e di conseguenza le società in cui essi vivono, e l’ambiente naturale da cui essi dipendono.

Le religioni e le filosofie spiritualiste e idealiste costituiscono i maggiori ostacoli a questa rivoluzione copernicana, perché affermano in modo assoluto il primato della coscienza sul resto dell’organismo.

La rivoluzione del pensiero che auspico è urgente, visto il potere sempre più distruttivo che politici, influencer, editori, ecc. possono assumere grazie alle nuove tecnologie e alla globalizzazione.

Un commento

  1. marco velati

    mi pare che la stessa cosa sia stata detta da Nietzsche ,in modo diverso.Da un lato egli sostiene l’ascolto delle pulsioni e dall’altro punisce le costruzioni della mente chiedendi di abbattere idoli e miti,oltre al ridimensionamento della forma e delle definizioni a favore delle pratiche.

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