“Conosci te stesso”. Facile a dirsi, ma che significa? In che senso uno si può conoscere? Forse possiamo arrivare a conoscere o perfino misurare i nostri bisogni e desideri (indipendentemente dal fatto che siano più o meno sani o malati, reali o illusori), le nostre paure, capacità, incapacità, potenzialità, inclinazioni, temperamento, carattere. Ma conoscere noi stessi nel senso di capire la nostra struttura, costituzione, organizzazione neurologica, le funzioni della nostra mente intesa come sistema di sistemi e soprattutto il ruolo dell’io cosciente rispetto agli altri agenti mentali. Ciò è estremamente difficile, quasi impossibile nella cultura attuale, nemmeno a livello accademico.
Si tratta, infatti, di capire prima di tutto la natura umana in generale e poi la propria in particolare. Questo è impossibile senza usare un paradigma epistemologico della natura umana universalmente riconosciuto, cosa che oggi non esiste. Infatti, ogni autore di scienze umane e sociali, ne propone uno proprio, incompleto e insufficiente, definito con categorie spesso arbitrarie, su cui non esiste un generale consenso. Basti pensare ai vari significati che si danno a parole come io, coscienza, consapevolezza, inconscio, sé, me, persona, mente, psiche, spirito, anima, ragione, volontà, personalità, carattere, temperamento, sentimento, emozione, piacere, dolore, bisogno, desiderio, autogoverno, libertà, libero arbitrio, determinismo, caso, necessità ecc.
Prima di cercare di conoscere noi stessi, dovremmo dunque cercare di definire, convenire, cosa sia un essere umano, come sia fatto e come funzioni. Perché non è possibile conoscere se stessi senza prima conoscere l’uomo in generale, l’homo sapiens, di cui ognuno di noi è un’istanza. Né è possibile una pacifica convivenza tra essere umani se non si condivide una conoscenza della natura umana.