Cos’è la bellezza?

Cos’è la bellezza?

A mio parere, per una persona, è “bella” ogni cosa (oggetto, persona, luogo, suono, immagine, scritto, idea ecc.) che in quella persona suscita una sensazione piacevole mediante la percezione delle forme e/o informazioni che quella cosa emana.

Si potrebbe perciò dire che in realtà non è bella la cosa ritenuta bella, ma belle sono le informazioni che essa emana attraverso il suo aspetto, i suoi movimenti e il suo linguaggio.

Quando il piacere suscitato da una cosa bella raggiunge un certo livello di intensità, possiamo parlare di “incanto”.

In altre parole, una cosa estremamente bella è “incantevole”, in quanto incanta, affascina, stordisce, stupisce il suo percettore, come per effetto di una droga (infatti le droghe vengono chiamate anche “stupefacenti”).

Pertanto, la bellezza potrebbe essere definita come una droga non chimica, ma costituita da informazioni percepite ed elaborate dal sistema nervoso del percettore in modo soggettivo, secondo logiche e meccanismi che certi neuroscienziati (come il prof. Semir Zeki, docente di neuroestetica) stanno ricercando.

In quali casi le informazioni emanate da una cosa sono percepite come “belle” dal percettore? Non siamo ancora in grado di rispondere scientificamente a questa domanda, tuttavia possiamo ipotizzare che la bellezza di una cosa sia un effetto della semplicità, dell’armonia e della purezza (in senso matematico e informatico) delle sue forme e del suo linguaggio.

A tal proposito, io credo che uno dei bisogni umani primari sia quello di bellezza (intesa nel senso detto sopra). La bellezza è infatti soddisfacente e disarmante, vale a dire che quando siamo sotto il suo effetto, la vita ci sembra più piacevole, più sopportabile, più amichevole, più felice (o meno infelice).

È per questo, a mio avviso, che la bellezza (delle cose e delle persone) è stata sempre sfruttata dall’uomo per convincere la gente a comprare certi prodotti, a seguire certi leader, a sottomettersi a certe autorità, a credere in certe religioni e ad accettare certe relazioni sociali, tra cui, in primis, quelle erotiche e quelle coniugali.

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