L’uomo sembra essere l’unico animale capace di dare nomi alle cose e di usare quei nomi per evocare, pensare e trasmettere ad altri idee delle (e sulle) cose nominate, e di applicare ad essi ragionamenti più o meno logici.
Questa capacità rende l’uomo l’animale più potente ma anche il più pericoloso per se stesso, per gli altri e per l’ambiente naturale, data l’imprecisa e a volte falsa corrispondenza tra i nomi e le cose nominate, col risultato di costruire spesso realtà nominali molto diverse da quelle reali, e di scambiare le une con le altre.
Come diceva Alfred Korzybski, la mappa non è il territorio. Questa affermazione è apparentemente ovvia e banale, ma si rivela necessaria dato che la maggior parte della gente è inconsapevole dei propri processi mentali, in cui le due cose tendono a confondersi, e ignorano il fatto che una mappa non può rappresentare che una piccolissima parte della complessità di un territorio. Una mappa, o un nome, sono infatti generalizzazioni e semplificazioni di entità complesse, e passare dalla cosa al nome, o dal territorio alla mappa, significa ignorare, consciamente o inconsciamente, una infinità di aspetti e dettagli.
La razionalità dell’uomo, risultante dalla sua capacità di nominare le cose, è pericolosa perché orienta il nostro comportamento sostituendo istinti naturali di provata efficacia ed efficienza con costrutti culturali molto variabili, non ereditabili geneticamente, la cui utilità per la sopravvivenza e la soddisfazione dei bisogni è tutt’altro che certa.