Ingegneria inversa della vita e della mente

Ingegneria inversa della vita e della mente

Per “ingegneria inversa” (reverse engineering) s’intende un’attività di ricerca tecnologica il cui obiettivo è capire quale sia la struttura logica interna di un sistema di cui possiamo conoscere solo il comportamento esterno e la struttura materiale. Si tratta dunque di capire, e quindi prevedere, come il sistema reagisce a certi stimoli. In termini informatici si potrebbe dire che l’ingegneria inversa cerca di “indovinare” la logica per cui alla ricezione di un certo input o alla percezione di un certo stato fisico, un sistema emette un certo output, compie certe azioni, prende certe decisioni, cambia il suo stato ecc.

Prendiamo il caso in cui il codice sorgente di un programma informatico tuttora funzionante, scritto da uno o più programmatori divenuti introvabili, sia andato perduto e che di esso resti solo il codice eseguibile, che consiste in una massa di numeri a prima vista incomprensibili. Per poter modificare tale programma un ingegnere deve ricostruire il codice sorgente sulla base dell’osservazione del comportamento del programma e del codice eseguibile, facendo delle ipotesi sul “significato” dei numeri di cui esso è costituito.

In generale, l’ingegneria inversa “ipotizza” cosa ci sia dentro un sistema, mediante ipotesi, esperimenti, osservazioni e dati statistici che permettono di associare certi stimoli a certe risposte.

Se ammettiamo che tutti gli esseri viventi, come pure gli organi che li costituiscono, siano “sistemi” o “sottosistemi” nel senso che la loro vita e il loro funzionamento dipendono da certi automatismi “sistematici” (ovvero non casuali), allora, per “indovinare” quale sia la logica di tali automatismi, l’ingegneria inversa sembra essere l’unico mezzo di cui disponiamo. Infatti non esistono, in natura, schemi intelligibili che descrivano le logiche che permettono agli esseri viventi di vivere e di riprodursi. Pertanto il biologo può essere a giusto titolo considerato l’ingegnere della vita. A tal proposito è interessante notare che esiste un settore di ricerca chiamato bioingegneria.

Se ammettiamo che anche la mente (conscia e inconscia) sia un “organo” del corpo e funzioni prevalentemente o totalmente in base ad automatismi, allora per capirne la struttura e le logiche che ne determinano il comportamento dovremmo fare dell’ingegneria inversa. In tal modo potremmo determinare e prevedere le risposte cognitive, emotive e motivazionali ai vari stimoli (parole, idee, immagini, interazioni, ricordi ecc.). Pertanto, a mio parere, lo psicologo può essere considerato l’ingegnere della mente.

L’ingegneria inversa è, secondo me, l’unico mezzo “onesto” per cercare di capire la struttura e il funzionamento della mente, dato che essa non è in grado di capire se stessa semplicemente “pensandosi” e che le narrazioni religiose e filosofiche che la riguardano sono spesso solo speculazioni basate su assiomi non dimostrabili e spesso finalizzati a manipolare le menti a favore di certe ideologie e politiche. L’ingegneria inversa si basa su “ipotesi”. Queste possono anche derivare da speculazioni o intuizioni religiose o filosofiche, purché esse siano verificate sperimentalmente e con metodo scientifico.

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