Io penso che ciò che ci tiene in vita, ciò per cui vale la pena di vivere sono i sentimenti, che includono le emozioni, le passioni, il piacere, la pura del dolore, l’amore, il gusto. La ragione si è sviluppata filogeneticamente molto più tardi rispetto ai sentimenti, come strumento per facilitare la soddisfazione dei bisogni vitali. Siccome la ragione monitorizza la soddisfazione dei bisogni attraverso i sentimenti, ne consegue che essa è di fatto al servizio di questi. Vivere in modo ragionevole non avrebbe senso se non servisse a soddisfare i propri bisogni, vale a dire a produrre sentimenti desiderabili. D’altra parte, il bene è ciò che ci fa star bene, e il sentirsi bene è un sentimento, non uno stato razionale. Quello che la ragione può fare, e dovrebbe fare, è proporre la posticipazione di una soddisfazione immediata ed effimera a favore di una soddisfazione futura più intensa e/o duratura. La ragione dovrebbe anche servire a distinguere i bisogni (e i relativi sentimenti) sani da quelli morbosi e adoperarsi per soddisfare i primi e non i secondi. Ma queste cose sono difficili specialmente in assenza di un’adeguata conoscenza della natura umana, campo del sapere molto trascurato e controverso, sia a livello accademico che popolare. Per concludere, sia i sentimenti che la ragione possono essere sani e morbosi e l’optimum, secondo me, è una ragione sana al servizio di sentimenti sani.