Sul futuro del lavoro

Sul futuro del lavoro

[Mio intervento al caffè filosofico del 20/1/2022 sul tema “Il futuro del lavoro”]

Indovinare il futuro è molto difficile e io non sono dotato in quest’arte. Tuttavia, dato che mi si chiede di indovinare il futuro del lavoro, non voglio sottrarmi, e dirò la mia anche se molto probabilmente le cose andranno diversamente da come immagino.

Prima di azzardare a immaginare il futuro del lavoro, vediamo com’è cambiato il lavoro negli ultimi cinquant’anni. Confronterò il lavoro com’era quando avevo vent’anni con quello che è adesso nel nostro paese. Cercherò di delineare delle tendenze, ipotizzando che esse continueranno nei prossimi venti anni.

I cambiamenti più importanti sopravvenuti negli ultimi cinquant’anni che hanno influenzato anche il mondo del lavoro sono stati, a mio avviso:

  • lo sviluppo della tecnologia informatica, delle  telecomunicazioni e dei mass media
  • l’invenzione e lo sviluppo di internet con tutti relativi servizi
  • il fallimento di tutti i tentativi di stabilire il socialismo reale di stampo marxista, e il consolidamento del capitalismo
  • la globalizzazione del commercio dovuta alla maggiore rapidità e ai minori costi dei trasporti e delle telecomunicazioni
  • la sostituzione di gran parte del lavoro manuale e intellettuale con soluzioni di informatica generale e di intelligenza artificiale

L’ultimo punto è a mio avviso il più importante per quanto riguarda il lavoro. Tale sostituzione, con l’andar del tempo è stata sempre meno compensata dalla creazione di nuove opportunità di lavoro, con il risultato di una crescente disoccupazione a partire dagli ultimi 20-10 anni.

Se le tendenze che ho delineato continueranno senza freni e senza l’intervento di novità politiche o economiche, credo la disoccupazione non potrà che aumentare, come pure lo squilibrio tra ricchi e poveri, i secondi sempre più numerosi rispetto ai primi.

Arriveremo ad un punto in cui tale squilibrio non sarà più sostenibile, in quanto i poveri non avranno più abbastanza denaro per acquistare i beni e i servizi prodotti dai ricchi. Saranno perciò necessari interventi statali a favore dei meno abbienti. Il reddito di cittadinanza sarà perciò sempre più diffuso e più cospicuo. Di conseguenza la società sarà sempre più divisa in due classi: coloro che lavorano e coloro che non lavorano. Infatti non ci sarà abbastanza lavoro per tutti a causa del progresso tecnologico, per cui le industrie affideranno alle macchine sempre più attività prima svolte da persone.

Allo stesso tempo dovremmo inventare nuove occupazioni per coloro che non lavorano, e qui sta per me la grossa incognita. Quali possono essere i “nuovi lavori”? Probabilmente qualcosa che ha a che vedere con l’educazione, con la formazione e con la soddisfazione del bisogni non materiali, come quelli di appartenenza, di comunicazione e di interazione sociale.

Per far fronte a tali esigenze, mi aspetto uno sviluppo delle scienze umane e sociali, come la filosofia e la psicologia. Spero in una nuova generazione di intellettuali creativi, dato che i saperi attualmente disponibili sono a mio avviso largamente insufficienti per affrontare le sfide del futuro del lavoro e della vita umana in generale.

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