Tra i conflitti interpersonali, sono frequenti situazioni in cui due persone (o due gruppi) si accusano reciprocamente di comportamento moralmente scorretto o ingiusto, ovvero di ingiustizia o di immoralità.
La dinamica è tipicamente la seguente: una persona A accusa una persona B di immoralità. B si considera innocente e accusa A di ingiustizia per averlo accusato ingiustamente. A reagisce aggravando l’accusa di immoralità per il fatto che B non riconosce la sua colpa (non riconoscere la propria colpa costituisce un’ulteriore colpa dal punto di vista dell’accusatore). B reagisce all’aggravamento dell’accusa contro di lui aggravando a sua volta l’accusa di ingiustizia verso A, dando luogo ad un’escalation che può raggiungere livelli drammatici o tragici, a volte irreparabili.
Un’accusa di immoralità ha conseguenze gravi in quanto implica generalmente la condanna ad una punizione, che può essere più o meno fisicamente violenta. Una punizione non fisicamente violenta consiste tipicamente nel distanziamento dell’accusatore rispetto al condannato (con interruzione o limitazione della comunicazione), o nell’emarginazione sociale del condannato, che, in assenza di riparazioni, espiazioni o perdono, potrebbe causare la rovina sociale dell’accusato. In tal caso possiamo parlare di violenza psicologica o sociale.
Possiamo chiamare “competizione morale” una situazione caratterizzata da accuse reciproche di immoralità, nel senso che ogni parte cerca di dimostrare, insieme con la propria innocenza, la propria superiorità morale o mentale rispetto all’interlocutore.
Un caso particolare di competizione morale riguarda il disprezzo interpersonale. È il caso in cui una persona A accusa una persona B di averla disprezzata. Tale accusa può essere provata da fatti evidenti, oppure basata solo su sospetti o presupposti non dimostrabili. Nel secondo caso è normale che B neghi di aver disprezzato A. Ma questo non basta a rassicurare A, che aggrava la sua accusa verso B accusandolo di falsità o di insensibilità. Conseguentemente, B proclama la sua innocenza in modo ancora più deciso, continuando a negare di aver disprezzato A e accusando a sua volta A di ingiustizia, oltre che di incapacità di valutazione della realtà, ovvero di una disfunzione mentale, giudizio che ovviamente A considera ingiusto e perciò immorale e inaccettabile.
Insomma, lamentarsi senza prove di essere oggetto di disprezzo da parte dell’interlocutore dà luogo generalmente ad una situazione di disprezzo reciproco esplicito con gravi ripercussioni sulla cooperazione, che, di conseguenza, può diventare impossibile.
Le persone che senza prove si sentono disprezzate da altri sono spesso persone che hanno scarsa autostima, vale a dire che inconsciamente disprezzano se stesse, proiettando su altri il disprezzo che credono inconsciamente di meritare. È l’effetto di una nevrosi da cui si può guarire solo attraverso una presa di coscienza di tale dinamica inconscia, e una psicoterapia.