Ogni essere umano, per soddisfare i suoi bisogni, ha bisogno della collaborazione di altre persone. Ma quali?
Ogni essere umano libero ha la possibilità di scegliere le persone con cui interagire per una reciproca soddisfazione. Di conseguenza, ogni essere umano può essere scelto, o no, da altri.
L’interazione felice, cioè quella che soddisfa ambedue le parti, è possibile solo quando due persone si scelgono reciprocamente e interagiscono a tale scopo. Infatti io posso scegliere una certa persona, ma se questa non mi sceglie, cioè preferisce interagire con un altro, il rapporto è impossibile.
Ogni essere umano ha bisogno di essere scelto da qualcun altro, altrimenti resta solo e non riesce a soddisfare i suoi bisogni. Per essere scelto deve essere in una certa misura competitivo, cioè deve risultare interessante almeno quanto il suo potenziale concorrente.
Da qui nasce l’ansia della competizione, ovvero la paura, più o meno conscia, di non essere abbastanza competitivi e di rimanere perciò soli e insoddisfatti.
Come vincere l’ansia della competizione ed essere sufficientemente competitivi per farci scegliere da altre persone?
Prima di tutto bisogna capire che più sono alti i nostri requisiti nella scelta delle persone, più è necessario essere competitivi, cioè “all’altezza” delle nostre esigenze. Per esempio, se cerchiamo persone con un’intelligenza superiore ad un certo livello, dobbiamo essere anche noi sopra quel livello. Lo stesso criterio si applica alla bellezza, all’onestà, alla ricchezza, alla cultura ecc.
In secondo luogo, bisogna capire che la competitività di un essere umano è multifattoriale nel senso che uno può essere più competitivo in un certo aspetto e meno in altro, ed è difficile che una persona corrisponda a tutti i criteri di selezione posti.
In terzo luogo, dobbiamo considerare non solo in quale misura il candidato è in grado di, e disposto a, soddisfare i nostri bisogni, ma quanto noi siamo in grado di, e disposti a, soddisfare i suoi. Infatti, se si chiede più di quanto si è disposti a offrire, l’interazione felice è praticamente impossibile.
Purtroppo viviamo in una cultura che ci ha insegnato due cose fondamentali:
– che conviene essere il più possibile competitivi in tutti i campi possibili per essere scelti come partner e non restare soli, quindi conviene cercare di diventare sempre più ricchi, più belli, più sani, più colti, più popolari ecc.
– che conviene cercare il partner che ci offre di più chiedendoci di meno.
I rapporti umani sono spesso trattati come rapporti d’affari, cioè finalizzati al massimo profitto; in pratica si tratterebbe di “offrirsi” al prezzo più alto e con i costi più bassi.
Una tale visione è causa di stress e insoddisfazione perché ognuno vorrebbe fare “un affare”, e per di più misurando il dare e l’avere con la sua bilancia personale che tende a minimizzare l’avere e massimizzare il dare.
Insomma, spesso uno chiede più di quanto l’altro sia disposto a, e in grado di, dare. Il risultato è una situazione di stallo, di solitudine e di carenza di interazione.
Come superare lo stallo e l’ansia da competizione, e interagire con reciproca soddisfazione?
Prima di tutto occorre prendere coscienza dei propri bisogni, neutralizzare quelli morbosi e stabilire cosa realisticamente chiedere al potenziale partner.
In secondo luogo prendere coscienza dei bisogni del potenziale partner e di ciò che siamo realisticamente disposti a, e in grado di, dare e fare per soddisfarli.
Se ci accorgiamo che non c’è compatibilità tra la domanda e l’offerta anche dal punto di vista di una sola delle due parti, conviene orientarsi verso altri partner potenziali, con i quali seguire lo stesso procedimento, finché non se ne trova uno con cui sembra esserci compatibilità.
Se la ricerca non dà esito positivo per un certo numero di volte, occorrerà diminuire le proprie esigenze e/o aumentare la propria disponibilità a soddisfare i bisogni altrui.
Qualcuno troverà questo procedimento cervellotico, freddo, arido, senza sentimenti. Sicuramente si tratta di un approccio razionale che però prende i sentimenti (propri e altrui) in seria considerazione in quanto manifestazioni di bisogni. Soddisfare i bisogni equivale infatti a soddisfare i sentimenti (e viceversa).
A chi rifiuta un approccio razionale non resta che affidarsi soltanto al cuore o all’istinto, ma, come si vede dal crescente numero di separazioni e divorzi, con scarsa probabilità di successo.