Che rapporti vi sono tra X, Y e me? Questa domanda, che somiglia ad una formula matematica, costituisce l’ultima frontiera della mia ricerca filosofica, psicologica e psicoterapeutica. Fa riferimento alla teoria dell’equilibrio cognitivo/affettivo di Friz Heider, alla cibernetica, e all’idea batesoniana che non possiamo conoscere le cose in sé, ma solo le relazioni tra le cose.
Pormi questa domanda mentre osservo qualcosa di reale o virtuale, per esempio guardando una fotografia o un film, stimola la mia mente in un modo molto potente, inducendomi ad analizzare e a valutare in termini relazionali ciò che vedo.
Infatti, le cose più importanti per un umano (come per ogni altro essere vivente) sono le sue relazioni e interazioni con il resto del mondo, e più precisamente con gli oggetti e le persone che egli ha conosciuto e che è capace di riconoscere, in funzione della soddisfazione dei bisogni propri e delle altre parti coinvolte.
Tutto il resto è accessorio, strumentale, oppure inutile o fuorviante.
La domanda “che rapporti vi sono tra X, Y e me?” è un antitodo contro l’ontologia (cioè la scienza e l’illusione dell’essere) che instupidisce l’uomo in quanto gli fa credere che le cose siano certe cose, ovvero siano sempre uguali, identiche a qualcosa, ferme, immutabili, indipendenti e che abbiano valori assoluti.
Pensare in termini assoluti (l’ontologia è la scienza dell’assoluto e degli assoluti) è pensare in termini bloccati e bloccanti, ripetitivi, “assolutamente” non creativi.
Al contrario, pensare in termini relativi, ovvero relazionali, è l’unico modo per conoscere realisticamente la realtà, nella sua dinamicità, variabilità e interattività.
Aggiungo che non è tanto importante rispondere alla domanda, quanto il fatto che nel momento in cui ce la poniamo alteriamo l’automatismo della nostra attività pensante in senso produttivo e creativo.
In altre parole, se quardiamo una cosa o una persona senza porci quella domanda (o una domanda analoga), i pensieri, le emozioni e le motivazioni suscitati da ciò che vediamo sono molto probabilmente automatici, ripetitivi e non creativi. Porci domande sospende certi automatismi e ci permette di uscire da certe gabbie mentali.
Per concludere, comunque il nostro inconscio risponde automaticamente alla domanda “che rapporti vi sono tra X, Y e me?” e forse lo fa in modo irrazionale, errato, improduttivo o dannoso. Pertanto, porsi coscientemente tale domanda può essere un modo per prendere coscienza delle risposte del proprio inconscio e per correggerle.