A proposito delle proteste e dell’indignazione contro i femminicidi e i maltrattamenti delle donne, se queste fossero una minoranza della popolazione si potrebbe parlare di discriminazione e maltrattamenti di minoranze, ma sono il 50%, quindi si presuppone che siano una categoria più debole, più vulnerabile per natura e/o per cultura.
Se tale maggiore vulnerabilità non può essere superata, allora la violenza sulle donne rientra nella più generale violenza dei più forti verso i più deboli, indipendentemente dai generi.
Secondo me dobbiamo protestare contro la violenza a prescindere dalle differenze di genere. Altrimenti si rischia di considerare tutte le donne vittime e tutti gli uomini carnefici.
Se le vittime di violenza sono soprattutto donne, forse il motivo è che certi uomini (per fortuna una minoranza, non dimentichiamolo) pensano che le donne “meritino” di essere maltrattate in quanto valgono meno degli uomini e perciò devono accettare un ruolo subordinato rispetto a questi, e subire i loro maltrattamenti.
Pertanto il messaggio da inviare ai potenziali femminicidi secondo me non deve essere “smettetela di maltrattare e di uccidere le donne”, ma “siete vigliacchi e criminali perché sfruttate la debolezza fisica (e forse anche emotiva) delle donne per sottometterle”.
Se le donne non fossero sottomesse (volenti o nolenti) non ci sarebbero femminicidi. La sottomissione precede l’atto criminale. Purtroppo molte donne si legano a potenziali carnefici ingenuamente, senza capire con chi hanno a che fare. Ci vorrebbe un test psicologico per stanare i potenziali aggressori delle donne.
In altre parole, bisognerebbe educare le donne a individuare i potenziali carnefici prima che sia troppo tardi. Sarebbe un’educazione molto più efficace che educare gli uomini a rispettare le donne.
Detto questo, protestare contro il patriarcato mi sembra inutile e fuori luogo, anche perché i cosiddetti “patriarchi” non si fanno impressionare dalle manifestazioni pubbliche, e gli altri uomini non maltrattano le donne. E poi credo che la figura del “patriarca” sia ormai in declino, con il declino delle grandi famiglie dove il vecchio, il nonno, è ancora il capo.
Se le manifestazioni pubbliche servono a incoraggiare le donne a difendersi dai potenziali aggressori, ben vengano, altrimenti mi sembrano uno spreco di tempo.
Quello che un po’ mi dispiace è che certe proteste sembrano criticare e accusare tutti gli uomini, senza eccezioni, quindi anche me.
Considerare tutti gli uomini (o tutti gli esseri umani di qualsiasi genere) corresponsabili di certi mali della società è una trappola mentale che non ci aiuta a progredire. Se vogliamo essere razionali dobbiamo differenziare, sia quantitativamente che qualitativamente.
Se un sistema funziona male, la colpa non è di tutte le sue parti, e la società è un sistema. Il tecnico efficace deve individuare le parti guaste e sostituirle o ripararle. Predicare il miglioramento dell’intero sistema senza agire sulle parti guaste (e solo su quelle) non risolve il problema.
Se certe donne mi considerano a priori, in quanto uomo, corresponsabile dei maltrattamenti di cui sono vittime (non tutte le donne lo sono, beninteso) provocherà in me una reazione difensiva (cognitivo-emotiva) a causa della quale non mi avrà come alleato per la sua causa, e screditerà ai miei occhi la causa stessa.
Consiglio a tutte le donne di indirizzare più precisamente e selettivamente la loro protesta in difesa della loro causa. Io sono per l’emancipazione della donne e per l’uguaglianza dei diritti umani indipendentemente dalle differenze di genere e altre differenze, ma credo che le proteste generalizzate e generiche siano controproducenti. Inoltre credo che la responsabilità delle donne stesse (non di tutte, beninteso) vada messa in luce.
Purtroppo la psicologia, che dovrebbe aiutarci a progredire civilmente, è ancora allo stato nascente, frammentaria e piena di contraddizioni. Per questo è poco efficace, poco e mal conosciuta e da molti screditata. Questo è il fronte su cui sono più impegnato intellettualmente.