Inautenticità e piacere della normalità

Inautenticità e piacere della normalità

Ogni umano ha bisogno di essere accettato da un sufficiente numero di altri umani, della cui cooperazione non può fare a meno per sopravvivere e per soddisfare i propri bisogni.

Per poter essere accettato da un altro, un individuo deve rispondere a certi requisiti positivi e negativi posti dall’altro, vale a dire che deve avere certe caratteristiche e non deve avere certe altre caratteristiche.

Che succede se un individuo ha certe caratteristiche che non dovrebbe avere, o non ha certe caratteristiche che dovrebbe avere per essere accettato da un sufficiente numero di altri umani?

 Succede che egli è costretto a dissimulare la sua vera natura, a nascondere certi aspetti di essa e fingerne altri che non esistono. In altre parole, succede che egli non può permettersi di essere autentico verso gli altri, e che, a forza di praticare l’inautenticità, finisce per non conoscere egli stesso quale sia la propria vera natura.

Questo fenomeno è aggravato da una cultura globale che tende a censurare o a ignorare le differenze umane e a valorizzare una presunta concordanza nel modo di sentire e di vedere tra tutti gli esseri “normali”, e a qualificare come “disumani” o repellenti i comportamenti e i modi di essere che deviano dai modelli della normalità.

E’ così che, nella ricerca della normalità e nel tentativo di “essere normale”, l’individuo finisce per non sapere più di cosa abbia veramente bisogno, e cosa gli piaccia o non gli piaccia veramente. In altre parole, è così che l’unico piacere che un individuo finisce per coltivare è quello di essere accettato dagli altri.

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