La psicoterapia funziona se costituisce un’esperienza di segno diverso da quelle precedenti, cioè se riesce a cambiare la mappa cognitivo-emotiva del paziente in quanto esperienza formativa alternativa.
In tal senso la cosa più importante non è la teoria psicologica sottostante, ma il transfer come processo pratico, per cui il terapeuta deve impersonare l’Altro in modo diverso da come L’Altro è stato percepito e rappresentato dal paziente prima della terapia.
Il terapeuta, attraverso l’interazione col paziente, deve riuscire a fargli cambiare idee e soprattutto sentimenti per quanto riguarda l’Altro, a far nascere in lui la speranza e la fiducia che l’Altro sia diverso e migliore di come lo ha finora conosciuto, più interessante, più attraente, meno pericoloso, e gli faccia venir voglia di stabilire con lui un nuovo tipo di rapporto, più sano e soddisfacente.
Lo studio del terapeuta dovrebbe dunque costituire la palestra in cui il paziente si allena a interagire con l’Altro in modo diverso e più soddisfacente, e il terapeuta deve fare da coach in questa attività.
In molti casi, inoltre, il terapeuta deve sostituire i genitori del paziente in quanto educatori alla vita, cioè ai sani rapporti con gli altri, correggendo il loro operato.