La trascendenza implica una disumanizzazione?

La trascendenza implica una disumanizzazione?

(Mio intervento al Café-Philo Lyon del 7-12-2021 sul tema in oggetto)

Alla domanda se la trascendenza implichi una disumanizzazione, rispondo che a mio parere no, anzi, al contrario, penso che la trascendenza sia un problema tipicamente umano, e che un essere umano che non si ponga tale problema (anche senza risolverlo) sia meno umano di chi se lo pone. Le considerazioni che seguono giustificano la mia risposta.

Il termine “trascendenza” in senso filosofico o religioso, implica l’esistenza di una realtà diversa da quella di cui tutti facciamo esperienza in quanto sensibile, e che possiamo chiamare “terrena”. Credere nella trascendenza implica il desiderio di far parte di tale realtà in quanto normalmente considerata di valore superiore rispetto a quella “terrena”.

La realtà trascendente è generalmente considerata eterna e infinitamente buona, quindi assolutamente felice e desiderabile. Alcuni la vedono come l’unità di tutte le cose, l’assenza di qualsiasi separazione e di qualsiasi differenziazione, che sono infatti le caratteristiche fondamentali della realtà terrena, dove ogni oggetto è distinto da tutti gli altri e dal contesto, altrimenti non sarebbe definibile né riconoscibile come entità particolare.

Per i credenti la trascendenza coincide con Dio, se è vero che il mondo non ha potuto creare se stesso, ma è stato creato da un’entità che lo trascende.

Per la fenomenologia il trascendente è ciò che trascende la coscienza, cioè ciò di cui è impossibile essere coscienti o di cui fare esperienza. In altre parole, qualcosa che, anche se esistesse, non potremmo conoscere.

Nel concetto di trascendenza è implicita l’idea che la realtà immanente dipende da quella trascendente, mentre la realtà trascendente non dipende da quella immanente. E’ anche implicito che l’immanente sia contenuto nel trascendente, e non viceversa. Tuttavia nessuno ha escluso che vi possano essere interazioni monodirezionali o bidirezionali tra le due realtà.

Gregory Bateson ci ha insegnato che non possiamo conoscere alcuna cosa in sé, ma solo le relazioni tra le cose. In tal senso non possiamo conoscere il trascendente in sé, ma possiamo tentare di capire quali siano le relazioni e le interazioni tra noi ed esso. Per esempio, possiamo chiederci cosa il trascendente ci restituisce se noi ci comportiamo in un certo modo verso gli altri, verso noi stessi o verso di esso.

A mio avviso il trascendente esiste sicuramente come entità psichica, anche se immaginaria da un punto di vista materialista. Nessuno, infatti, ci può vietare di immaginare il trascendente con certe caratteristiche, e di interagire con esso per ottenere qualcosa, che può consistere in consigli per un esistenza meno infelice o sentimenti o emozioni particolari. Potremmo anche dire che il trascendente può essere fonte di intuizione e di ispirazione.

L’uomo è il solo animale capace di prevedere il futuro, anche se in modo illusorio, e questa capacità è, a mio avviso, l’origine di tanti aspetti dell’umanità, tra cui l’dea di trascendenza, dato che la trascendenza si colloca soprattutto in una realtà futura, a cui si può giungere dopo la morte. Infatti, solo chi si chiede che ne sarà di lui dopo la morte, può immaginare e desiderare una realtà trascendente, cosa difficile per chi è sicuro che di sé resteranno solo molecole senz’anima.

Per concludere, a mio parere il trascendente è completamente e solamente umano, sia quando è dogmatico e rigido, sia quando è relativo e flessibile. In altre parole, voler trascendere l’umano con i suoi limiti, è un desiderio molto umano, anche se illusorio.

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