Paul Ricoeur (Valence, 27.02.1913, Châtenay Malabry, 20.05.2005 ), filosofo francese seguace di Karl Jaspers e Edmund Husserl, nel suo saggio “Dell’interpretazione. Saggio su Freud (1965)”, il più importante di quella fase del suo pensiero che vien e definita della svolta ermeneutica, definisce Marx, Nietzsche e Freud, «tre maestri che in apparenza si escludono a vicenda», i tre maestri del sospetto, perché hanno appunto sospettato che dietro ai fenomeni culturali e alle norme e idee morali si nascondessero meccanismi di altra natura, cioè interessi economici o desideri o pulsioni istintive.
Essi hanno in comune l’attitudine a ricercarne l’autentico significato in una struttura profonda, nascosta alla coscienza del soggetto, e a smascherare pertanto come falsa scienza quella di origine cartesiana, proprio quella che avrebbe dovuto invece fugare ogni dubbio. Se la filosofia cartesiana ammetteva che, di fronte al dubbio sulla realtà, ci fosse comunque la certezza del pensiero umano (cogito ergo sum), i tre filosofi portano invece il dubbio all’interno di questa stessa certezza, di fatto annullandola.
Comune a questi tre pensatori è infatti l’idea che la coscienza che l’uomo ha di se stesso non è in grado di cogliere la verità, che non vi è coincidenza immediata tra apparenza e struttura profonda della realtà, e che dunque occorra una «decifrazione» di tale coscienza. Essi criticano l’idea di un soggetto assoluto, razionalmente orientato, e di una coscienza razionale trasparente a se stessa, propri della tradizione cartesiana. Il positivismo, in quest’ottica, ne esce a pezzi: criticato apertamente da Nietzsche e Marx, scoprirà i suoi limiti anche con l’opera di Freud che, pur partendo da un ambiente positivista, finisce col portare l’attenzione sulla natura inconscia e quindi arazionale del comportamento umano.
Fonte: http://www.lcgalilei.pisa.it/NS/docs/dispense/Ricoeur.pdf