Riflessioni sul potere

Riflessioni sul potere

Che l’Uomo sia sempre alla ricerca di maggior potere nelle sue varie forme è sotto gli occhi di tutti. Mi riferisco al potere politico, economico, religioso, a status, abilità, conoscenza, competitività, prestigio, prevalenza, prelazione ecc. in ogni campo dove un aumento è possibile. Ciò non vuol dire che chi cerca di aumentare il suo potere rispetto al prossimo non sia al tempo stesso incline ad aiutarlo, a dedicarsi ad esso e anche a sacrificarsi per esso. Infatti competizione e cooperazione sono normalmente congiunte.

La questione che pongo è perché noi cerchiamo di aumentare il nostro potere ogni volta che possiamo, e se questo comportamento sia da considerare sano o malato, innocuo o pericoloso e se alla lunga esso contribuisca positivamente o negativamente al bene di chi lo esercita e del suo prossimo.

Comincerei col dire che, secondo me, qualsiasi comportamento umano corrisponde ad un bisogno conscio o inconscio, cioè costituisce una strategia o tattica per soddisfare un bisogno o per evitarne la frustrazione. Infatti il piacere (di qualunque forma) deriva dalla soddisfazione di bisogni innati o acquisiti, così come il dolore dalla loro frustrazione.

Detto ciò, è evidente che la ricerca del potere, oltre che a soddisfare un bisogno fine a se stesso, è un mezzo per ottenere la soddisfazione di tanti altri bisogni, come quelli che riguardano direttamente o indirettamente: vita, salute, sicurezza, appartenenza, partecipazione, integrazione sociale, prestigio,  riconoscimento, bellezza, libertà, conoscenza, capacità ecc.

Dato che il potere ha sempre una valenza competitiva, l’aumento di potere di una persona corrisponde ad una diminuzione del potere relativo di tutte le altre; motivo per cui non soltanto ognuno tende ad aumentare il proprio potere rispetto a quello altrui, ma anche ad ostacolare la crescita di quello degli altri.

Ad aggravare la situazione è il fatto che la ricerca di maggior potere è spesso negata e mistificata in quanto considerata egoistica o antisociale, per cui, per non renderci antipatici, tendiamo ad ingannare il prossimo e ad autoingannarci giustificando il nostro comportamento con motivazioni, ovviamente false, diverse dalla ricerca del potere.

Il regno animale e l’evoluzionismo darwiniano sembrano indicare chiaramente che la competizione per il potere (specialmente come precedenza o esclusività nel mangiare e nell’accoppiamento) sia vantaggiosa per la specie, perché facilita la riproduzione degli individui più sani e forti a svantaggio dei più deboli. Non si può escludere che ciò valga anche per la specie umana, anche se nel tempo si sono aggiunti vantaggi evoluzionistici legati alla cooperazione. Possiamo dunque ipotizzare che nell’Uomo convivano dialetticamente istinti naturali di competizione e cooperazione (in proporzione variabile da persona a persona), i quali ci hanno consegnato l’umanità che conosciamo, con i suoi splendori e le sue miserie.

Occorre però osservare che la specie umana, rispetto a quelle degli altri animali, è in grado di controllare i propri istinti, o meglio, ha un apparato istintuale molto più debole. Esso è infatti compensato, e in certi casi sostituito, dall’apparato culturale, che finisce spesso per prevalere nel determinare motivazioni e bisogni acquisiti.

Oggi la specie umana, a seguito del progresso scientifico e tecnologico, dispone di mezzi estremamente potenti nel bene e nel male, ed è potenzialmente capace di estinguersi per mezzo di guerre con armi nucleari, inquinamento e a causa del riscaldamento planetario. Il capitalismo, unito alla facilità di comunicazione e di trasporto, permettono inoltre a pochissime persone di arricchirsi rapidamente e in modo sproporzionato rispetto al resto della popolazione e di dominare la parte più povera mediante la leve economiche e finanziarie di cui dispongono.

E’ arrivato dunque il momento di porre un freno alla ricerca di potere, specialmente quello economico, ma questo può essere fatto solo se tale bisogno viene demistificato e riconosciuto in ogni essere umano,  non solo nei potenti. Dopodiché sarà possibile negoziare forme di governo tali da consentire una più equa distribuzione del potere tra tutti gli abitanti del pianeta.

Demonizzare il bisogno di potere è controproducente. Esso è naturale e va rispettato in tutti, anche se è ormai diventato indispensabile limitarne la soddisfazione.

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