Giudicare una cosa (concreta o astratta) o una persona significa decidere se essa sia (in una certa misura) vera o falsa, buona o cattiva, bella o brutta, utile o inutile, efficace o inefficace, potente o impotente, ecc.
A tal proposito possiamo distinguere diversi tipi di giudizio, come i seguenti:
- giudizio logico (vero/falso)
- giudizio etico (buono/cattivo)
- giudizio estetico (bello/brutto)
- giudizio utilitaristico (utile/inutile)
- giudizio pragmatico (efficace/inefficace)
- giudizio politico (potente/impotente)
- ecc.
Il giudicare comporta anche l’opzione di decidere se vi sono elementi sufficienti e sufficientemente chiari per poter esprimere un giudizio, o altrimenti, se sia opportuno sospendere il giudizio stesso.
Inoltre, un giudizio può anche risultare neutro (cioè né vero, né falso, né buono, né cattivo, ecc.) o irrilevante.
Giudicare o valutare (verbi che possiamo considerare sinonimi) non comportano necessariamente l’espressione o dichiarazione del giudizio(alla persona oggetto del giudizio, o a terzi), né la condanna ad una punizione o un rimprovero (in caso di giudizio sfavorevole), né una premiazione o una lode (in caso di giudizio favorevole). In altre parole, l’opportunità di esprimere un giudizio morale è indipendente dall’opportunità di giudicare.
Ogni essere umano è allo stesso tempo giudice e giudicato, nel senso che gli umani si giudicano reciprocamente (e giudicano anche se stessi) consciamente o inconsciamente, e decidono come comportarsi l’uno con l’altro in base a tali giudizi.
Essere oggetto di un giudizio sfavorevole da parte di altri (come falso, cattivo, brutto, inutile, inefficace, impotente, ecc.) è terribile in quanto può comportare l’emarginazione sociale del giudicato. In tal senso, il compito principale dell’inconscio è quello di imporre alla coscienza del soggetto comportamenti tali da ottenere dagli altri (cioè dalle persone più importanti per sé) i giudizi più favorevoli possibile.
I giudizi possono pertanto costituire armi (offensive e/o difensive), incentivi e strumenti nella competizione e nella cooperazione tra umani.
Perciò, a mio avviso, abbiamo tutti, consciamente o inconsciamente, paura del giudizio sfavorevole altrui, e cerchiamo di evitare di subire un giudizio, a meno che non siamo fiduciosi che esso sia a noi favorevole.
Un altro aspetto problematico del giudicare è il confronto tra giudizi e le gerarchie basate sulle differenze dei giudizi sulle persone.
Infatti, proprio perché i giudizi non sono normalmente binari (esempio: buono o cattivo) ma quantitativi (esempio: più o meno buono e/o cattivo) nel giudicare due persone una di esse risulterà normalmente migliore o peggiore dell’altra in una certa categoria di confronto, dato che è improbabile che il giudizio sia esattamente uguale, in alcuna delle diverse categorie.
In altre parole, la competizione e le gerarchie tra umani sono basate sul giudizio su chi sia più “valevole”, “valido” o “valoroso” (cioè più vero, buono, bello, utile, efficace, potente, ecc.) dell’altro.
Il giudizio comparativo è importante non solo nella competizione, ma anche nella cooperazione, nella selezione e nell’imitazione, ovvero in tutti i processi di interazione sociale.
Infatti, in una libera cooperazione, ognuno è libero di scegliere i partner “migliori” che può sperare di ottenere, ed esercita normalmente tale libertà. Anche nei processi di imitazione tendiamo a imitare i modelli che giudichiamo “migliori”.
Un altro problema legato al giudicare è quello della reciprocità del giudizio, nel senso che se una persona A giudica sfavorevolmente una persona B, e B lo sa, B tende a giudicare sfavorevolmente la persona A. Analogamente, se una persona A giudica favorevolmente una persona B, e B lo sa, B tende a giudicare favorevolmente la persona A. Questo fenomeno può dar luogo all’inibizione dei giudizi sfavorevoli e alla promozione di quelli favorevoli, come strategia, conscia o inconscia, per facilitare la cooperazione sociale e la reciproca accettazione.
Da quanto sopra, risulta evidente che il giudicare è fondamentale in tutti i rapporti sociali, e per questo dovrebbe essere studiato con molta cura sia in filosofia che in psicologia.
Tuttavia, per la maggior parte della gente il termine “giudicare” ha una connotazione negativa, come di qualcosa di politicamente scorretto, di divisivo, da evitare il più possibile, con la conseguenza che quasi tutti giudicano inconsciamente, e negano di farlo.
Una delle conseguenze più pericolose di questo stato di cose nella nostra civiltà attuale è il declino della morale, dovuto anche al declino delle religioni, che hanno sempre avuto il monopolio della morale stessa. Allo stesso tempo viene glorificata una libertà senza limiti, che è soprattutto libertà dai giudizi morali.
Per concludere, la gente, con poche eccezioni, non ama parlare di morale ed evita di parlarne. Ciò sta rendendo la nostra civiltà sempre più amorale, dato che esercitare la morale consiste nel giudicare se un certo comportamento sia più o meno buono o cattivo.