Blog di Bruno Cancellieri
 
Sull’angoscia dell’ozio

Sull’angoscia dell’ozio

L’idea di oziare per un certo periodo di tempo può essere per qualcuno (me compreso) fonte di angoscia. Perché? È forse il sintomo di una disfunzione o disturbo mentale? Cosa potrebbe succedere ad una persona che ozia per un ora o due? Nulla di male, a meno che egli non abbia qualcosa di urgente, di non dilazionabile, da fare.

Forse l’angoscia dell’ozio è dovuta ad un problema di identità, cioè di appartenenza. Infatti, se è vero che un essere umano è qualificato e valutato in base alle sue azioni, alle sue attività, al suo comportamento, allora l’ozio,  l’inazione, potrebbe essere considerato (consciamente o inconsciamente)  come una perdita di identità, di appartenenza a qualche categoria produttiva o socialmente rispettabile, o, peggio, l’assunzione di appartenenza alla categoria dei “fannulloni” e/o degli asociali. Infatti l’ozio, se non è praticato in compagnia, può essere considerato asociale, mentre se è praticato in compagnia non può essere considerato come ozio, ma come attività sociale.

Bisogna anche distinguere l’ozio dal riposo, dato che il riposo è generalmente meritato, rispettabile, necessario e sano.

Per concludere, invidio coloro che riescono a praticare l’ozio per qualche ora di seguito senza l’angoscia di sentirsi asociali, fannulloni o privi di un’identità rispettabile.

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