Sull’effetto placebo vi propongo una parziale e ipotetica spiegazione di tipo fisiologico.
Una malattia fisica in un essere umano produce due tipi di danni: uno fisico (dovuto alla malattia stessa) e uno mentale, nel senso che l’essere umano (a differenza degli altri animali) quando si ammala è normalmente cosciente della malattia e questa consapevolezza può comportare la paura di non guarire, o di un aggravamento della malattia stessa.
A differenza delle paure negli animali, che sono normalmente di breve durata e si risolvono in un attacco o una fuga, nell’uomo le paure possono essere molto durature in quanto basate sulla previsione cosciente o inconscia di sciagure future, specialmente se non chiaramente definite.
Come tutti sanno, una paura, ansia, angoscia o panico causati da una “informazione” (infatti la previsione di una sciagura è una sorta di informazione cognitiva) può avere effetti fisici, come, ad esempio, l’innalzamento della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e di chissà quali altri fenomeni fisologici, e comportare un deperimento corporale, un consumo di energie e di sostanze nutritive e immunitarie che, oltre a causare stanchezza fisica e mentale, possono indebolire o inibire le difese immunitarie e i mezzi di autoguarigione di cui il corpo dispone.
Se ciò è vero, un placebo percepito come una reale medicina con buone probabilità di guarire da una certa malattia, ha sicuramente un effetto rassicurante, rasserenante, e quindi può ridurre o eliminare la paura di non guarire, paura che, per i motivi suddetti, può ostacolare o impedire la guarigione. Di conseguenza un placebo può davvero avere un effetto terapeutico “fisico” per nulla misterioso pur non avendo alcun principio attivo chimico.