L’uomo, come molte altre specie biologiche, è un animale competitivo (in senso intraspecifico), oltre che cooperativo.
Tuttavia la cultura occidentale, specialmente dopo l’affermazione del cristianesimo, tende a qualificare la competizione come immorale, col risultato che essa viene normalmente praticata in modi dissimulati e mistificati.
Infatti, gran parte dei comportamenti umani è motivata dalla competizione rispetto a gerarchie politiche, economiche, sociali, erotiche, intellettuali, razionali, scientifiche, accademiche, artistiche, mediatiche, religiose, sportive, biologiche, morali, estetiche ecc.
Tuttavia questa naturale competizione è, per il motivo suddetto, normalmente negata consapevolmente e ipocritamente, e/o rimossa inconsciamente (in senso psicoanalitico).
Tali negazioni e rimozioni possono dare luogo a disturbi mentali a causa del doppio vincolo tra, da una parte, la naturale (e auto-premiante) motivazione a competere, e, dall’altra parte, la gerarchia morale che loda (e a volte premia) chi meglio riesce a nascondere e a dissimulare la motivazione stessa (deprecando, e a volte punendo chi non vi riesce).