Il pensiero può restare un fatto interno alla persona che lo esercita o essere espresso a voce, oppure scritto per poter essere letto e riletto dall’autore o da altri.
Scrivere i propri pensieri è utile, se non indispensabile, per sottoporli ad un esame critico, cioè per valutarne la validità, correttezza, razionalità, applicabilità, pertinenza, opportunità, completezza, e per stimolare ulteriori pensieri utili a completare e/o correggere quelli precedenti.
La scrittura dei propri pensieri è specialmente utile in psicoterapia, in quanto questa consente di analizzarli sia razionalmente che emotivamente, e di avviare una correzione e/o un completamento dei pensieri stessi e delle relative associazioni cognitivo-emotive.
Valutare criticamente i propri pensieri senza scriverli e rileggerli è difficilissimo se non impossibile, anche perché l’attività pensante è seriale, cioè si può pensare una sola cosa alla volta, avere una sola immagine mentale alla volta. Inoltre ciò che pensiamo è soggetto ai capricci dell’inconscio, alle sue autodifese contro la messa in discussione della personalità, del comportamento e delle preferenze del soggetto, è soggetto al bias cognitivo, all’attenzione selettiva, all’amnesia tattica e strategica, vale a dire alla rimozione od oblio dei contenuti sgradevoli e dolorosi.
Se riusciamo a raccogliere e organizzare in un documento scritto i nostri pensieri più importanti e problematici nel corso dei giorni, avremo a disposizione un materiale crescente e in continuo aggiornamento utile per conoscere noi stessi e per esaminare criticamente e migliorare la nostra mentalità.
Insomma, è difficile elaborare un pensiero che non sia stato verbalizzato e registrato in modo da poter essere affrontato, cioè “guardato” e “manipolato” come un oggetto materiale esterno. Solo allora possiamo dominare il pensiero e non esserne dominati.