Il successo di Facebook si spiega, secondo me, con il fatto che questo sistema soddisfa, o promette di soddisfare, in modi molto più comodi ed efficienti di quelli tradizionali, uno dei bisogni più importanti dell’Homo Sapiens: quello di interagire con altri individui della stessa specie, ovvero il bisogno di appartenenza e integrazione sociale.
Ciò che è straordinario ed estremamente potente in Facebook è l’ubiquità degli interattori: le distanze sono azzerate e tutti sono virtualmente e potenzialmente “in linea” ovvero sempre collegati, sempre in contatto, cosa impossibile nelle interazioni tradizionali.
Un altro importante fattore è la possibilità di comunicare in modo meno impegnativo e più protetto rispetto alla comunicazione tradizionale, in cui si è fisicamente vicini, ci si vede e “non si può non comunicare”. Infatti in Facebook si ha tutto il tempo di pensare a cosa dire e non dire e di rileggere e correggere un messaggio prima di inviarlo. Questo rende la comunicazione per un verso meno spontanea e genuina, per un altro potenzialmente più ragionata, completa, varia e approfondita.
Un altro aspetto importante è la possibilità di incontrare e stabilire contatti con persone sconosciute, ovvero trovare nuovi amici o partner per qualunque scopo, cosa che nei setting tradizionali è molto più difficile soprattutto per i limiti spaziali e temporali che riducono le probabilità di incontro tra persone mutuamente adatte.
Inoltre Facebook può essere usato per diffondere idee e prodotti intellettuali propri e altrui, dato che permette ad ogni utente di diventare, a costo nullo, editore su scala planetaria, fatta salva la necessità di farsi conoscere mediante pubblicità o passaparola.
Per tutti questi motivi Facebook può essere molto più attraente rispetto ai modi tradizionali di interazione, col risultato che le persone tendono sempre più a comunicare attraverso Internet piuttosto che incontrandosi fisicamente. C’è allora da chiedersi se questa tendenza sia in qualche modo nociva per il benessere psicofisico delle persone. La mia risposta è che occorre un giusto dosaggio tra le interazioni online e quelle dal vivo, che oltre ad essere insostituibili, sono anche più soddisfacenti, sebbene più limitate in senso spazio-temporale.