Blog di Bruno Cancellieri
 
Spirito religioso e bisogno di familiarità

Spirito religioso e bisogno di familiarità

Penso che che tutte le religioni e le filosofie spiritualiste abbiano in comune una visione del mondo (visibile e invisibile) che soddisfa il bisogno di familiarità, ovvero di far parte di una famiglia in senso esteso e astratto, nella quale è possibile assumere, in senso metaforico, uno o più dei ruoli archetipici di figlio, fratello, padre o madre.

In altre parole, il credere in una religione (o filosofia spirituale) ci fa sentire fratelli nei confronti degli altri membri della stessa comunità di credenza, in quanto figli degli stessi genitori “spirituali”. Inoltre, per quanto riguarda i sacerdoti, profeti o maestri delle religioni o filosofie spirituali, permette ad alcuni, particolarmente motivati in tal senso, di assumere un ruolo genitoriale “spirituale” (purtroppo a volte abusando della loro auto-assegnata funzione di rappresentanza e intermediazione rispetto alla presunta divinità).

La comunità religiosa o spirituale costituisce dunque una famiglia sublimata, metafisica, che permette, in senso metaforico ma efficace, una vita comunitaria analoga a quella della famiglia concreta nella quale la psiche si è costruita, e che è caratterizzata e regolata da un ordine gerarchico e da un’etica condivisa imposta e amministrata dal ruolo genitoriale.

Io penso pertanto che, in assenza di uno spirito religioso, verrebbe a mancare il motivo della fratellanza e dell’ordine sociale, per cui la società si disintegrerebbe in quanto totalmente competitiva e amorale.

C’è allora da chiedersi se l’ateismo non sia una filosofia, o posizione intellettuale, distruttiva dell’ordine sociale, dell’etica e della fratellanza. La risposta dipende da cosa si intende per ateismo.

Se per ateismo s’intende la negazione di qualunque realtà immateriale o non misurabile, come i valori morali, allora esso conduce al caos sociale.

Se invece per ateismo s’intende la negazione delle religioni “rivelate” in quanto narrazioni false e pericolose, e la loro sostituzione con principi regolatori immateriali (cioè “spirituali”) inventati, negoziati e convenuti tra le parti interessate, allora esso può condurre a forme di ordine e armonia sociale ancora più soddisfacenti di quelle ottenibili dalle religioni e filosofie spirituali storiche. Tali principi regolatori astratti (come ad esempio la dichiarazione universale dei diritti umani) conferiscono, infatti, all’ateismo quello spirito religioso necessario per soddisfare il comune bisogno di familiarità e di pace sociale.

L’ateismo, inteso in quest’ultimo senso, rappresenta dunque una rivoluzione religiosa, in quanto è una sorta di religione artificiale, creata, negoziata e aggiornata dall’uomo, anziché preesistente ad esso e ad esso imposta. In altre parole, una religione in cui Dio è creato e disegnato (consapevolmente, razionalmente, democraticamente e relativamente) dall’Uomo, per la propria felicità, e non viceversa.

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