A mio parere, il conformismo (cioè la tendenza ad imitare gli altri, a conformarsi a modelli di comportamento condivisi e a muoversi in gruppi) è un’abilità innata, emersa nel corso dell’evoluzione della specie umana per i suoi grandi vantaggi adattivi.
Il conformismo non ha uno scopo razionale, ma è fine a se stesso, in quanto fattore di coesione sociale; serve infatti solo a garantire la coesione sociale della comunità e l’interazione tra i suoi membri. Perciò può assumere le forme più diverse da cultura a cultura, più o meno sensate, e cambiare tali forme nel tempo al fine di indurre le persone a confermare periodicamente la loro appartenenza alla comunità. Infatti, attraverso l’espressione della conformità alle forme, alle norme e ai valori della comunità, si può stabilire chi vi appartenga e chi no.
In quanto innato, il conformismo è per lo più inconscio e costituisce un bisogno dalla cui soddisfazione o frustrazione dipendono gran parte delle nostre gioie e sofferenze.
Per quanto sopra, il conformismo merita comprensione e rispetto, ma va criticato quando assume forme disadattive per l’interesse della società e degli individui più creativi. Infatti, le persone più conformiste sono spesso ostili verso quelle meno conformiste, poiché le considerano una minaccia per la coesione sociale.
Ciononostante, il progresso delle civiltà, cioè l’evoluzione delle culture, è dovuto, a mio avviso, all’azione delle persone meno conformiste.