Bisogno di condivisione e valori condivisi

Bisogno di condivisione e valori condivisi

Uno dei bisogni umani più importanti e potenti è quello di condivisione. Abbiamo infatti una insopprimibile necessità di condividere con altri sia cose materiali, come spaziotempo e oggetti, sia informazioni, ovvero idee, conoscenze e i valori (o disvalori) ad esse associati.

D’altra parte il concetto stesso di valore implica quasi sempre una condivisione. E’ infatti difficile pensare a qualcosa che abbia valore solo per un individuo e per nessun altro.

Ci sono diversi tipi di condivisione, e quindi di valore o disvalore. Seguono alcuni esempi.

Primo esempio: il denaro. Esso vale solo se è riconosciuto come valido, ovvero come strumento di scambio per ottenere beni o servizi, da più di una persona. Il suo valore è dunque condiviso.

Altro esempio: un vestito. Se si tratta di un vestito che indosso solo in casa e che nessuno può vedere al di fuori di me, il suo valore è individuale e privato, nel senso che mi serve solo per proteggere la mia pelle da freddo, attriti e sporcizia. Ma se lo indosso in presenza di altri, esso ha anche una valenza sociale perché mi qualifica agli occhi altrui, a seconda della sua fattura, come appartenente ad una certa categoria sociale o tipo psicologico, e perché potrebbe avere un effetto estetico più o meno attraente o repellente agli occhi di chi lo vede.

Altro esempio: una particolare professione. Essa ha una valenza sociale in quanto serve gli interessi di qualcun altro, e se mi qualifica come appartenente ad una certa categoria sociale, oppure se ha un effetto estetico più o meno attraente o repellente agli occhi altrui. Una professione implica perciò diverse condivisioni di utilità e significati.

Altro esempio: un’attività collettiva, come assistere ad una messa o a un evento sportivo. Essa mi qualifica agli occhi altrui come appartenente ad una certa categoria sociale e mi permette di partecipare ad un rito sociale, condiviso per definizione. In tal caso vengono condivisi sia la categoria sociale di appartenenza, sia il rito stesso, dove l’uno è funzionale rispetto all’altro essendo una categoria sociale caratterizzata dalla celebrazione collettiva di certi riti.

Altro esempio: ballare con un’altra persona. In tal caso viene condiviso lo spazio (essendo i danzanti in contatto fisico), il ritmo e i movimenti, oltre all’appartenenza a una certa categoria sociale e il rito che il ballo in un certo senso costituisce.

Si potrebbero fare infiniti altri esempi. Si può dire, in generale, che in tutte le attività sociali ci sia qualche sorta di condivisione: di linguaggio, spazio, tempo, energie, movimenti, beni, simboli, gesti, sostanze, valori etici ed estetici ecc.

Si potrebbe  anche dire che la condivisione serva a se stessa, nel senso che attraverso la condivisione di qualcosa si possono condividere altre cose, oppure che una condivisione tira l’altra. D’altra parte, chi non condivide nulla è solo, isolato, e quindi a rischio di morte e di follia.

Per quanto sopra, possiamo concludere che ogni comportamento umano è motivato, consciamente e ancor più inconsciamente, dal desiderio di condividere qualcosa con qualcuno, o di eliminare un ostacolo (reale o presunto) a qualche condivisione. Questa riflessione dovrebbe aiutarci a comprendere perché qualcuno fa ciò che fa anche quando quell’azione ci sembra strana, inspiegabile o deleteria.

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