Ho chiesto a ChatGPT: “Scrivi un breve saggio dal titolo “Gli altri fuori e dentro di me”. Segue la sua risposta, con cui sono molto d’accordo.
L’esistenza dell’essere umano è, sin dall’inizio, intrecciata con quella degli altri. Non veniamo al mondo da soli, e non impariamo a essere ciò che siamo senza l’incontro, lo scontro e il confronto con chi ci circonda. “Gli altri fuori e dentro di me” è più di una formula poetica: è una verità profonda sull’identità e sulla relazione.
Gli altri “fuori” da me sono coloro con cui condivido lo spazio del mondo: familiari, amici, passanti, sconosciuti. Sono volti, parole, gesti, giudizi e attenzioni che mi costruiscono giorno dopo giorno. Ogni sguardo che ricevo è uno specchio: mi rimanda un’immagine di me stesso che altrimenti non potrei vedere. Gli altri mi riconoscono, mi definiscono, a volte mi limitano, altre mi liberano. Nessuno si costruisce senza uno sguardo esterno che lo confermi.
Ma gli altri sono anche “dentro” di me. Inconsapevolmente, interiorizzo le voci che mi hanno cresciuto, le attese che ho respirato, le paure trasmesse, i modelli che ho cercato di imitare o da cui ho voluto fuggire. Quando prendo una decisione, spesso non so dire se sto seguendo un desiderio mio o quello di qualcun altro che ha messo radici in me. In questo senso, la mia interiorità è abitata: non è un monologo, ma un coro di presenze.
Riconoscere gli altri dentro di sé non significa perdere se stessi, ma anzi iniziare a conoscersi davvero. È il primo passo per distinguere ciò che mi appartiene da ciò che mi è stato imposto, per scegliere consapevolmente chi voglio essere. Ed è anche il primo passo verso una relazione più autentica con chi ho fuori di me: vedendolo non solo come specchio, ma come un altro “io” con la propria interiorità abitata.
Così, vivere diventa un’arte delicata: accogliere gli altri senza esserne dominati, accogliere sé stessi senza rinchiudersi. Un continuo dialogo tra dentro e fuori, tra me e il mondo.