Introduzione al caffè filosofico del 10/3/2020 sul tema “Pacifismo”

Introduzione al caffè filosofico del 10/3/2020 sul tema “Pacifismo”

Il vocabolario Treccani definisce il pacifismo come segue:

“Dottrina, o tendenza, che rifiuta e condanna il ricorso alla guerra e a ogni tipo di scontro armato o di aggressione come mezzi per risolvere le controversie internazionali, e vuole dimostrare la necessità del mantenimento o ristabilimento della pace tra i popoli, da raggiungere solo attraverso trattative o arbitrati.”

Nell’articolo dell’Enciclopedia Treccani sul pacifismo si legge tra le altre cose:

“Nel complesso, il pacifismo degli ultimi decenni è ispirato sia a ragioni di tipo etico-religioso (il rifiuto della guerra in linea di principio), sia a ragioni di tipo politico, che vedono nella guerra interessi di tipo economico legati al capitalismo.”

Nell’articolo di Wikipedia sul pacifismo leggiamo, tra le altre cose:

Il termine si riferisce a un ampio spettro di posizioni, che vanno dalla specifica condanna della guerra a un approccio totalmente nonviolento alla vita.

In definitiva, il pacifismo può avere basi etiche (la convinzione che la guerra sia moralmente sbagliata) oppure pragmatiche (la convinzione che la guerra non sia mai efficace).

Il pacifismo si esprime in un ampio ventaglio di posizioni, da quelle più moderate a quelle più estremiste. Esistono difatti specifiche concezioni di pacifismo fondate essenzialmente su credenze religiose (e quindi su basi fondamentalmente etiche), oppure su ideologie politiche (con combinazioni variabili di etica e pragmatismo).

Pacifista è il sostenitore della pace “senza se e senza ma”, anche quando l’azione bellica sia giustificata per il suo carattere “preventivo”.

Su tutte le altre forme di violenza [oltre le guerre tra stati o tra popoli] bisognerebbe soffermarsi caso per caso, con il rischio di generalizzare e dunque di banalizzare il concetto. In questo senso, è bene evitare di effettuare un qualsivoglia parallelo tra le situazioni di guerra e i conflitti interpersonali.

In un testo taoista, è scritto: “Ecco che son l’armi: strumenti del malvagio, non strumenti del saggio, il quale li adopra solo se non può farne a meno.

Fine delle citazioni dall’articolo di Wikipedia.

Alla luce di quanto sopra, a mio avviso occorre distinguere due tipi di pacifismo, che chiamerei il primo “assoluto” e il secondo “relativo”.

Il pacifismo assoluto si oppone alla guerra in ogni caso, cioè non solo si oppone alla preparazione e alla messa in atto di operazioni belliche nei confronti di altri paesi per qualsiasi motivo, ma si oppone anche a legittime operazioni belliche difensive. La risposta del pacifismo assoluto alle azioni belliche di uno stato aggressore, è infatti una resistenza non violenta, anche nel caso in cui l’aggressore porta avanti la sua azione distruttiva e criminale finché non ottiene ciò che desidera, ovvero la sottomissione completa della popolazione aggredita.

Il pacifismo relativo, invece, pur opponendosi alla guerra come mezzo per risolvere conflitti tra stati, ammette l’uso della violenza a scopo difensivo quando non vi sono realisticamente possibilità non cruente di evitare la sottomissione all’aggressore.

Il pacifismo assoluto è concettualmente piuttosto semplice in quanto non prevede eccezioni alla regola della non violenza (per cui è preferibile lasciarsi sottomettere piuttosto che rispondere aggressivamente).

Il pacifismo relativo è invece complesso e difficile da applicare perché richiede una valutazione (solitamente soggettiva e ipotetica) delle intenzioni dell’aggressore, ovvero dei suoi obiettivi, e del modo in cui reagirebbe alle varie forme di resistenza, di difesa e di reazione in generale.

A tal proposito, volendo considerare il pacifismo su un piano pragmatico e concreto, vi suggerisco di riflettere sul ruolo che esso ha avuto poco prima e durante la seconda guerra mondiale, come pure durante la guerra attualmente in corso tra la Russia e l’Ucraina. In altre parole, mi chiedo, e vi chiedo, come sarebbero andate le cose se il pacifismo assoluto avesse prevalso prima e durante la seconda guerra mondiale, e cosa potrebbe succedere se prevalesse oggi  per quanto riguarda la guerra russo-ucraina.

Inoltre mi piacerebbe avere una vostra opinione sugli scopi e sull’efficacia delle manifestazioni pacifiste che avvengono anche in questi giorni in varie città del mondo e a cui partecipano migliaia di persone. In particolare mi piacerebbe capire a chi sono rivolte tali manifestazioni e quali effetti sperano realisticamente di ottenere dalle parti in causa.

Infine, considerando un conflitto tra due stati, in cui uno appare come aggressore ingiustificato e l’altro come vittima incapace di difendersi adeguatamente, gradirei sapere quando, secondo voi, uno stato terzo ha il dovere morale di intervenire a difesa di quello soccombente.

A voi la parola.

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