Il verbo “preferire” ha un posto importantissimo nella mente umana. Il vocabolario Treccani lo definisce come segue: “Anteporre (nella stima, nell’affetto, nella simpatia, nella valutazione dei vantaggi o dei piaceri che se ne possono trarre) una persona o una cosa a un’altra o ad altre“.
Da un punto di vista psicologico, occorre notare che ogni preferenza costituisce una gerarchia, una scala di valori dal più alto al più basso, sulla quale collochiamo cose, persone, idee ecc., e sulla quale gli altri ci possono collocare. Infatti, preferire l’ente A all’ente B significa attribuire ad A un maggior valore rispetto a B, nel senso che si ritiene A più gradevole, più simpatico, più utile, più soddisfacente di B; significa anche che, potendo scegliere, scegliamo ciò che preferiamo per quanto riguarda un acquisto, una relazione, un’interazione, una cooperazione, un’associazione ecc.
In tale contesto le preferenze danno luogo a problemi sociali di grande portata. Infatti, se una persona X preferisce la persona A alla persona B, quest’ultima potrebbe sentirsi rifiutata da X e soffrirne. Per tale motivo l’etichetta ci raccomanda di tenere per quanto possibile nascoste le nostre preferenze riguardo alle persone con cui interagiamo normalmente, vale a dire di “fingere” di attribuire lo stesso “valore” a ognuna di loro.
In una contesto di tre persone, un soggetto può trovarsi ad assumere il ruolo di preferente (persona X), di preferito (persona A) o di non preferito (persona B).
Quando il soggetto è il preferito, è normalmente contento. Deve tuttavia guardarsi dalla eventuale gelosia e invidia della persona non preferita.
Quando il soggetto è non preferito, può sentirsi frustrato, perdere l’autostima, sviluppare gelosia e invidia verso la persona preferita, sentirsi vittima di un’ingiustizia ed eventualmente tentare di screditare la persona preferita agli occhi del preferente.
Esercitare una preferenza include il confrontare il valore proprio con quello di un’altra persona oppure il confrontare il valore delle proprie idee con quello delle idee dell’altro. Infatti, consciamente o inconsciamente, ognuno di noi, fa questi confronti preferendo normalmente se stesso all’altro o le proprie idee a quelle dell’altro. Anche in questo caso l’etichetta (anche detta “correttezza politica”) ci impone di non dare a vedere al nostro interlocutore che preferiamo le nostre idee alle sue, e la nostra personalità alla sua.
Il succo di tutto questo discorso è che non dobbiamo essere così ingenui da credere che i nostri interlocutori non ci giudichino in modo più o meno favorevole.
Consideriamo infine il fatto che, di solito, su qualsiasi argomento di discussione, ognuno preferisce le idee proprie a quelle altrui.