Un conflitto è il contrasto attivo e violento tra due motivazioni incompatibili. Due motivazioni sono incompatibili quando la realizzazione dell’una comporta la negazione della realizzazione dell’altra.
Le due motivazioni incompatibili possono risiedere in due individui (o gruppi) diversi, oppure in uno stesso individuo. Dal punto di vista di una persona, nel primo caso parliamo di conflitto esterno, nel secondo di conflitto interno.
In natura i conflitti sono molto diffusi e spesso indispensabili per la conservazione e l’evoluzione della vita. Infatti ogni vita si nutre di altre vite, cioè distrugge altre vite per sostenere la propria.
Nella società umana i conflitti sono regolati (cioè proibiti, limitati, attenuati, nascosti o dissimulati) dalla morale, il cui scopo è quello di favorire e difendere la cooperazione e l’ordine contro la distruttività sociale dei conflitti.
Il concetto di conflitto è legato a quello di competizione, nel senso che un conflitto è una competizione in azione, ovvero un prodotto, o una conseguenza di una competizione tra due motivazioni, o progetti di vita, non compatibili.
I conflitti tra esseri umani riguardano sia il possesso o l’uso di beni materiali (mobili, immobili, spazi, denaro), sia i rapporti cooperativi tra le persone. Infatti, paradossalmente, si compete per poter cooperare meglio, e si coopera per competere meglio.
Possiamo chiamare “conflitti economici” quelli che riguardano i beni materiali, e “conflitti relazionali” o “conflitti sociali” quelli che riguardano i rapporti tra persone.
È possibile una convivenza umana non conflittuale? Suppongo di no, per il semplice fatto che ogni essere umano ha bisogni e desideri involontari e contrastanti, non controllabili in misura sufficiente.
Nel caso dei conflitti economici, questi non ci sarebbero se tutti potessero condividere gli stessi beni, ma in realtà il possesso di un certo bene da parte di una persona implica spesso il non possesso dello stesso bene da parte di altre persone, e il conflitto nasce quando due persone desiderano uno stesso bene non condivisibile.
Lo stesso vale nei conflitti relazionali, allorché due persone vorrebbero avere una relazione, di tipo erotico od economico, esclusiva con una terza persona.
I conflitti relazionali riguardano anche lo status, ovvero la distribuzione del potere o dell’autorità all’interno di una relazione di coppia, di un gruppo o di una comunità. Infatti, per natura, ogni persona cerca di avere lo status più alto a cui può aspirare in base alle sue capacità fisiche o mentali. D’altra parte, a nessuno piace essere comandato da qualcuno ritenuto più debole o meno intelligente di se stesso, o rinunciare ai propri desideri per soddisfare quelli dell’altro, quanto i desideri stessi sono divergenti o contrastanti.
Come ho scritto sopra, la morale tende a reprimere i conflitti, ma quasi sempre li rimuove solo in senso psicoanalitico, ovvero non effettivo, col risultato che le persone confliggono in modo nascosto o dissimulato, negando di farlo, e trovando “scuse” non conflittuali per giustificare il loro comportamento conflittuale.
Se vogliamo regolare i conflitti in modo realistico, intelligente e produttivo, dobbiamo prendere coscienza della loro esistenza e ammettere di non esserne esenti. Solo allora potremo trovare i migliori compromessi che ci permettono di convivere con altri umani nonostante l’inevitabile competizione e gli inevitabili conflitti.