Io suppongo che ogni espressione rituale tipica di una certa comunità (come, ad esempio, lo scambio di auguri in occasione delle festività principali) significhi affermare o confermare l’appartenenza (a quella comunità) sia di colui che recita la formula rituale, sia di coloro a cui essa è rivolta.
In altre parole, attraverso la celebrazione del rito, i partecipanti affermano o confermano la loro appartenenza alla comunità di cui quel rito è una norma, sottintendendo un legame affettivo, di fratellanza, di uguaglianza, di solidarietà, con gli altri membri della stessa.
Tale legame può essere più o meno reale o simulato, conscio o inconscio.
La non partecipazione di una persona ad un certo rito può essere pertanto intesa come un’estraniazione, un dichiararsi fuori, stranieri, rispetto alla comunità che lo celebra. Ciò spiega la permanenza di certi riti nel tempo, anche quando il loro significato originale è andato perduto.