Mi sono fatto un’idea di come funziona un essere umano in termini cibernetici.
Attraverso le esperienze e il relativo apprendimento, si formano, nella memoria del soggetto, una serie di “tipi di situazione” caratterizzati da certi aspetti formali, grafici, e relazionali tra gli agenti, ovvero tra le parti in gioco nella situazione.
Sulla base del comportamento adottato nelle diverse situazioni, e dei risultati affettivi ottenuti (piaere e dolore), si formano, nell’individuo, una serie di programmi di comportamento, vale a dire programmi che permettono all’individuo di ripetere un certo comportamento in senso psicomotorio e interattivo. Infatti, un programma di comportamento contiene a grandi linee istruzioni su come rispondere, e su come evitare di rispondere, in termini di reazioni fisiche e/o verbali, a certi stimoli provenienti dall’ambiente naturale o sociale, allo scopo di ottenere i risultati affettivi migliori possibile.
Tra i diversi tipi di situazioni riconoscibili dal soggetto, e i diversi programmi di comportamento da lui sviluppati, si formano delle connessioni, nel senso che al riconoscimeto di un certo tipo di situazione viene attivato un certo programma di comportamento, e viene inibita l’attivazioni di certi altri.
Qualora ad un certo tipo di situazione venga attivato un certo programa di comportamento che dà luogo a risultati affettivi indesiderati (dolore anziché piacere), è possibile che la connessione tra quel tipo di situazione e quel programma di comportamento svanisca o si modifichi a favore di un diverso programma di comportamento capace di dare luogo a risultati affettivi più soddisfacenti. È anche possibile che venga “corretto” il programma di comportamento collegato a quel tipo di situazione.
Questa mia visione cibernetica del comportamento umano può essere utile per chi volesse migliorare il proprio comportamento (volontario o involontario) nel senso di una maggiore soddisfazione dei propri bisogni. In tal senso, per modificare un comportamento, occorre partire non dai programmi di comportamento, ma dai tipi di situazione che li attivano. Infatti l’errore, o il malfunzionamento, potrebbe trovarsi non tanto nel programma di comportamento attivato, quanto nella definizione del tipo di situazione, che potrebbe non corrispondere alla reale situazione.
Chiediamoci dunque quali sono i tipi di situazione che abbiamo memorizzato, e da quali forme e da quali aspetti relazionali sono caratterizzati.
Il mio consiglio è di considerare le “situazioni” in termini cibernetici, cioè come schemi di agenti che interagiscono e si relazionano (anche in senso gerarchico) secondo certi programmi.