Mentre gli animali non umani hanno bisogno di attenzione solo da piccoli e nella stagione dell’accoppiamento, noi umani abbiamo sempre bisogno di attenzione, tranne alcune eccezioni, come, ad esempio, l’attenzione da parte della Guardia di Finanza o della burocrazia quando non siamo in regola, della polizia in uno stato repressivo, della criminalità e di chi vorrebbe sfruttarci, e l’attenzione che i timidi non vorrebbero ricevere in pubblico.
Riguardo all’attenzione, l’uomo è soggetto e oggetto. Come soggetto egli rivolge la sua attenzione a ciò che ritiene (consciamente e ancor più inconsciamente) più importante, utile, piacevole o pericoloso. Come oggetto egli ha bisogno di attenzione nella generale competizione tra umani affinché gli altri prendano in considerazione le proprie esigenze e lo aiutino a soddisfarle.
L’attenzione ha un costo e un prezzo perché è una risorsa limitata. Non possiamo dare la nostra attenzione che a poche cose o persone per volta, e, normalmente, rivolgere la propria attenzione verso qualcuno o qualcosa significa distoglierla da qualcun altro o qualche altra cosa. Da qui la gelosia e l’invidia, che a volte non hanno altro oggetto che l’attenzione.
In inglese l’attenzione “si paga” (to pay attention), in italiano “si presta”; in generale essa si dà e si riceve, e ognuno di noi è potenzialmente offerente e richiedente, dante e ricevente nella borsa dell’attenzione.
L’attenzione va dunque amministrata con giudizio, come il denaro, il tempo o i propri beni, compreso il proprio corpo e la propria mente.
Ricordiamoci dunque che tutti hanno bisogno di attenzione, e forse anche della nostra particolare attenzione, così come noi abbiamo bisogno dell’attenzione di qualcuno. Interagire significa anche e prima di tutto scambiare attenzione e attenzioni.
Tuttavia gestire le attenzioni (in senso attivo e passivo) non è semplice né facile. L’empatia ci può aiutare a comprendere sia il bisogno di attenzione dei nostri interlocutori, sia le direzioni in cui la loro attenzione è rivolta. Una domanda essenziale che dovremmo sempre farci è: Quanto il mio interlocutore è disposto a rivolgere la sua attenzione a me? Quanto desidera ricevere la mia attenzione? A quale scopo? Ovviamente la risposta è quasi sempre tentare ad indovinare, perché raramente il tema dell’attenzione reciproca viene affrontato esplicitamente.
Essere oggetto di attenzione da parte di un’altra persona può avere sensi e fini diversi. L’altro potrebbe essere interessato a noi per usarci o sfruttarci o farci del male, oppure per aiutarci, oppure per un comune godimento. Lo stesso vale ovviamente per noi stessi verso gli altri.
Per concludere: facciamo sempre attenzione all’attenzione, non diamola per scontata, cerchiamo di valutarla criticamente e consideriamola un bene prezioso, da non sprecare.
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