Molto spesso, chi accusa una certa persona di arroganza lo fa perché si sente infastidito, disturbato da essa. E quando uno si sente disturbato da una persona, tende a spiegare il turbamento, o l’irritazione, con un difetto dell’altro, anziché proprio.
Consideriamo le intolleranze alimentari. Ci sono persone che sono intolleranti ai pomodori. Queste persone non direbbero mai che i pomodori sono cattivi o che abbiano dei problemi, ma che esse stesse hanno un problema o difetto relativamente ai pomodori.
Invece, quando l’intolleranza ha come oggetto una persona, difficilmente chi che ne è affetto pensa di avere in sé stesso un problema o difetto come causa dell’intolleranza stessa, ma è spesso convinto che il problema o difetto si trovi nella persona che col suo comportamento ha scatenato la reazione di intolleranza.
Molto spesso, quando non troviamo un motivo oggettivo per qualificare negativa mente una persona che ci irrita o ci disturba, l’accusiamo di arroganza, perché l’arroganza spesso disturba e irrita.
Chiediamoci perché.
Dal vocabolario Treccani apprendiamo che l’arroganza è “insolenza e asprezza di modi di chi, presumendo troppo di sé, vuol far sentire la sua superiorità”. Questo mi induce a pensare che l’arroganza ci disturba perché tenta di dimostrare la nostra inferiorità, in altre parole ci umilia, e nessuno tollera di essere considerato inferiore o di essere umiliato.
A questo punto vorrei fare una serie di considerazioni logicamente concatenate.
La prima è che l’idea o ipotesi di essere inferiori a qualcun altro ci turba, anzi, direi che ci spaventa, probabilmente perché associata al rischio incoscio di essere emarginati o esclusi dalla comunità a causa della nostra inferiorità o inadeguatezza.
La seconda è che tendiamo a non riconoscere la superiorità altrui proprio perché, logicamenete, se una persona è superiore a noi, noi siamo inferiori ad essa.
La terza è che la psiche tende a rimuovere dalla consapevolezza e a spostare nell’incoscio le considerazioni suddette, per evitare al soggetto la sofferenza e angoscia di sentirsi inferiore o inadeguato e quindi a rischio di esclusione dalla comunità di appartenenza.
La quarta è che, sebbene la ragione della nostra irritazione o del nostro turbamento sia inconscia, l’irritazione e il turbamento stessi sono ben consci e quindi debbono essere in qualche modo giustificati senza mettere in discussione la propria adeguatezza e senza ammettere che abbiamo paura di scoprire di essere inferiori o insufficienti.
La quinta ed ultima è che, in conseguenza di quanto sopra, la psiche cercherà di dimostrare che la causa dell’irritazione è soltanto nell’altro che l’ha provocata e, non trovando nulla di oggettivamente criticabile nel comportamento altrui, ricorre all’accusa di arroganza, anche quando questa è oggettivamente infondata.
Morale: per evitare di essere considerati arroganti, meglio evitare di dire cose troppo intelligenti o che gli altri non sappiano già.