Il pensiero, inteso come attività del pensare, pur avendo infiniti gradi di libertà, è confinato entro schemi precostituiti diversi da persona a persona.
Ciò che impedisce al pensiero di valicare tali limiti è la paura inconscia dell’indipendenza del pensiero stesso.
Noi abbiamo paura di pensare in modo indipendente perché abbiamo inconsciamente paura di impazzire, di diventare disumani, di non essere riconosciuti degni di appartenere alla società, di non essere “normali” secondo i criteri dell’Altro generalizzato (come definito da George H. Mead). Si tratta quindi di paure direttamente legate al bisogno, geneticamente determinato, di appartenenza e integrazione sociale.
Inoltre, non solo abbiamo paura dell’indipendenza del nostro pensiero, ma anche di quella del pensiero altrui, perché essa potrebbe dar luogo a comportamenti per noi incomprensibili, imprevedibili, incontrollabili, asociali, pericolosi e competitivi fuori dalle regole comunemente accettate.
Per questi motivi passiamo gran parte della vita a limitare il nostro pensiero e a criticare e perseguitare il pensiero altrui quando sconfina dai nostri schemi precostituiti.