L’uomo (me compreso) ha una innata paura (conscia o inconscia) di essere giudicato immorale o incapace, perché tale giudizio lo escluderebbe dalla comunità, o lo metterebbe in una posizione sfavorevole rispetto agli altri, in quanto perderebbe la stima, il rispetto e la fiducia, e lo renderebbe perciò anche meno competitivo rispetto agli altri membri della comunità.
Di conseguenza l’uomo fa di tutto per giustificare il suo comportamento in vari modi, per esempio:
- negando di aver commesso gli atti di cui è accusato
- negando che gli atti di cui è accusato siano immorali
- affermando di essere stato costretto da altri ad agire come ha agito
- affermando che chi lo accusa ha commesso atti ancora più immorali
- affermando di aver solo eseguito degli ordini, quindi spostando la responsabilità sul superiore che gli ha dato gli ordini
- affermando che ha agito involontariamente, e che non sapeva quali potessero essere le conseguenze del suo comportamento
- minimizzando l’entità dei danni provocati agli altri
- ecc.
Le giustificazioni possono essere in mala fede ma anche in buona fede, nel senso che il soggetto può credere sinceramente egli stesso nelle sue giustificazioni. Nel secondo caso possiamo parlare di autoinganni.
L’autoinganno è un processo mentale inconscio, involontario e automatico che manipola i pensieri del soggetto in modo tale da evitargli sofferenze mentali, ed evita che il soggetto prenda coscienza di verità che lo farebbero soffrire o distruggerebbero la sua autostima, e lo getterebbero nell’angoscia di non essere degno di appartenere alla propria comunità.