L’uomo non ha una sola anima (intesa come ciò che lo anima, che lo fa muovere, che determina il suo comportamento, i suoi sentimenti, la sua coscienza), ma tante. A tal proposito, Giulio Giorello, dopo aver intervistato Daniel Dennett, scrisse un articolo dal titolo: “Sì, abbiamo un’anima, ma è fatta di tanti piccoli robot.”
NOTA: Sebbene il termine “anima” abbia nel linguaggio comune una connotazione spirituale, religiosa o esoterica, in questo testo io lo uso in senso sistemico, vale a dire come l’attività di tanti agenti mentali che agiscono in modo inconscio e automatico secondo certi algoritmi innati e appresi, che possono riprogrammarsi autonomamente e automaticamente per effetto delle esperienze del soggetto.
Per quanto riguarda il comportamento sociale dell’uomo, che lo distingue da ogni altra specie animale, io ritengo utile considerare la presenza di quattro anime:
- L’anima cooperativa, il cui scopo è quello di favorire la cooperazione con altri umani, indispensabile per la sopravvivenza e per la soddisfazione dei propri bisogni propri e altrui.
- L’anima competitiva, il cui scopo è quello di favorire l’ottenimento e il mantenimento della posizione gerarchica più alta possibile in quante più gerarchie sociali possibili (politiche, economiche, etiche, estetiche ecc.) a costi sostenibili.
- L’anima selettiva, il cui scopo è quello di esercitare la libertà di scegliere le cose, le persone e gli ambienti più adatti al soggetto, e specialmente le persone con cui interagire e i modi in cui farlo, al fine di soddisfare al meglio i propri bisogni.
- L’anima imitativa, il cui scopo è quello di apprendere, e conformarsi a, modelli di comportamento (linguaggi, regole, costumi, nozioni, narrazioni ecc.) usati e accettati dalla comunità a cui si appartiene o a cui si vorrebbe appartenere, per permettere le interazioni e le comunicazioni con gli altri, e per evitare l’isolamento sociale.
Nella figura seguente sono raffigurate le quattro anime sopra descritte, mediante immagini di mani in diverse posizioni e attività. Le icone dei misuratori significano che, in ogni momento, ciascuna anima può essere più o meno attiva e potente nell’influenzare il comportamento del soggetto.
Queste anime, che possono metaforicamente essere assimilate ai ministeri di un governo, o ai daimon socratici, corrispondono a quattro classi di bisogni umani “non fisici” di importanza fondamentale, che possono essere connotati come “bisogni sociali” in quanto hanno come scopo le interazioni sociali indispensabili per la sopravvivenza e per la soddisfazione di quasi tutti i bisogni (fisici e non fisici).
L’attività motivante delle quattro anime avviene simultaneamente, e ognuna di esse cerca di determinare o di influenzare il comportamento del soggetto in modo da favorire la propria “politica”, cioè i propri scopi e le proprie strategie di ottenimento. Le logiche e i meccanismi d’azione delle anime sono per lo più inconsci.
Gli obiettivi a cui le diverse anime mirano possono essere più o meno convergenti o divergenti, ovvero più o meno in accordo o in conflitto tra loro.
L’idea delle quattro anime, pur non costituendo una teoria scientifica, fornisce quattro chiavi di comprensione del comportamento sociale umano, nel senso che è idealmente possibile spiegare ogni atto o gesto sociale come motivato, o causato, da una o più di esse.
In tal senso, le quattro anime possono essere d’aiuto sia per migliorare i propri rapporti con gli altri (in quanto favoriscono una migliore spiegazione del comportamento proprio e altrui), sia per facilitare una psicoterapia o autoterapia. Intendo dire che nel corso di una psicoterapia o autoterapia potrebbe essere utile interpretare i sentimenti e le motivazioni del paziente mediante le chiavi di comprensione derivanti dall’idea delle quattro anime.
Per verificare quanto ho scritto, prendere qualsiasi esempio di comportamento sociale umano, e chiedetevi perché “quella” persona si comporta in un “quel” modo o in “quei” modi. Ebbene, presumo che la risposta, ovvero la spiegazione di quel comportamento, potrebbe consistere nella motivazione prodotta da almeno una delle quattro anime, spesso da più di una, o da tutte e quattro simultaneamente.
Infatti il nostro inconscio è continuamente intento a favorire la cooperazione con altri umani e ad evitare tutto ciò che potrebbe impedirla od ostacolarla. Allo stesso tempo l’inconscio si preoccupa del nostro status nelle diverse gerarchie in cui siamo competenti, compresa la gerarchia morale, e ci spinge a migliorare e a difendere le nostre reputazioni, in quanto da esse dipende il rispetto e l’apprezzamento degli altri nei nostri confronti. D’altra parte l’inconscio tutela la nostra libertà, che è soprattutto libertà di scegliere ciò che più favorisce la soddisfazione dei nostri bisogni, e in particolare la libertà di scegliere con chi interagire e come interagire. Infine, il nostro inconscio ci spinge a tenerci “al corrente” per quanto riguarda la situazione sociale, ovvero ad apprendere i costumi, le narrazioni, i linguaggi, le mode, i modelli di comportamento, ecc. in modo da non restare “indietro” o socialmente isolati.
Una difficoltà nell’uso dell’idea delle quattro anime sta nel fatto che non siamo abituati a considerare un comportamento come causato da motivazioni inconsce e multiple. Tendiamo infatti a pensare che le motivazioni nostre e altrui siano il risultato di ragionamenti consapevoli orientati ad un singolo obiettivo. In realtà le motivazioni del comportamento umano sono per lo più inconsce e molteplici, e richiedono un particolare sforzo per vedere insieme, sinotticamente, dinamiche diverse aventi obiettivi diversi, che possono anche essere contrastanti.
Anche in questo contesto, è perciò importante avere una sensibilità per la complessità della vita, della società e della mente umana, perché pensare in modo semplicistico può indurci a fare scelte sbagliate e a giudicare in modo errato e ingiusto il comportamento proprio e altrui.
Post scriptum
Un mio amico mi ha fatto osservare che “Nietzsche si lamenterebbe del fatto che hai dimenticato i due modi o istanze che per lui sono fondamentali: il comandare e l’obbedire. Eppure le chiese, gli eserciti, ecc., si basano proprio su queste due istanze particolari (con varie dosi di iniezioni delle tue quattro). Per esempio, equipari la gerarchia alla competizione. Ma la gerarchia non necessita solo o soprattutto la competizione: essa si basa per lo più sull’impulso a comandare e sull’impulso complementare a obbedire.
Quanto a Freud, troverebbe che hai lasciato da parte le due istanze per lui fondamentali (“Psicologia delle masse…”): il voler guidare gli altri e l’essere guidati dall’Altro. Direi anche: l’impulso a voler essere applaudito e osannato, e quello di applaudire un Leader e osannarlo. E’ l’impulso a voler essere applaudito che spinge tanti alle carriere artistiche e letterarie, come anche alla politica, al giornalismo, ecc.”
Gli ho risposto che le sue osservazioni sono molto appropriate, tuttavia nella mia concezione gli impulsi da lui menzionati non sono autonomi rispetto alle quattro anime, ma effetti di esse. Intendo dire che il comandare e l’ubbidire, non solo si stabiliscono come effetto di una gerarchia competitiva, ma costituiscono anche una forma di cooperazione, ovvero un modo di cooperare, peraltro ben “ordinato”, oltre a rientrare nella selezione, in quanto i rapporti servo-padrone si stabiliscono anche come risultato di una selezione (il padrone sceglie si suoi servi e i servi scelgono i loro padroni quando la servitù è volontaria). Infine i rapporti servo-padrone si stabiliscono anche come imitazione di modelli “servo-padrone” che percepiamo nella società, e che scegliamo di imitare.
Questo discorso vale anche per quanto riguarda la ricerca dell’ammirazione o la tendenza ad ammirare/seguire, che possiamo spiegare in base alle quattro anime. Infatti il rapporto tra ammiratore e ammirato, tra seguace e leader, è in un certo senso cooperativo, in quanto interazione in cui ogni parte ottiene qualcosa di buono; è competitivo, perché per ottenere l’ammirazione bisogna eccellere, cioè competere, in qualche arte o capacità; è selettivo in quanto ognuno sceglie chi ammirare o i campi in cui eccellere (quelli che più corrispondono alle proprie possibilità); è imitativo in quanto la cultura propone “modelli di ammirazione” che la gente adotta selettivamente, anche per qualificarsi.