La mente come dispositivo sociale

La mente come dispositivo sociale

Come ci insegna George Herbert Mead, la mente umana è un dispositivo eminentemente sociale. Infatti essa è principalmente basata (e concentrata, consciamente e ancor più inconsciamente) sugli “altri”, in quanto finalizzata a gestire le relazioni e le interazioni con questi (e con ciò che Mead chiama l’Altro generalizzato).

La mente umana è dunque, a mio parere, un insieme di algoritmi (cognitivi, emotivi e motivazionali) ovvero di logiche, strategie e tattiche (apprese e sviluppate attraverso le esperienze sociali) che riguardano le relazioni e interazioni con gli altri, per risolvere problemi quali: come ottenere la loro cooperazione, come influenzarli a proprio vantaggio, come evitare la loro ostilità, come distinguere gli “amici” dai “nemici” e i “buoni” dai “cattivi”; come presentarsi agli altri (ovvero che identità e ruoli assumere, e a quali ranghi aspirare nelle varie gerarchie), cosa conviene rivelare e cosa nascondere, quando è opportuno giocare, quando scherzare e quando essere seri, cosa fare e cosa non fare, cosa dire e cosa non dire, cosa pensare e cosa non pensare per far parte di una comunità e partecipare alla vita sociale; come farsi capire, come intuire i pensieri, i sentimenti, le intenzioni e i desideri altrui; come competere contro gli altri, come difendersi dai loro attacchi, come ottenere la loro alleanza in un conflitto, quando conviene incontrarli e quando evitarli, come ottenere la loro fiducia; come attrarli, contentarli, intrattenerli, divertirli, farli ridere, indottrinarli, educarli, sottometterli, ingannarli, umiliarli, punirli, scacciarli, sfruttarli, soddisfare o frustrare i loro bisogni e desideri; come dimostrare loro di avere ragione e di essere migliori di altri; come farsi aiutare, obbedire. accettare, approvare, desiderare, amare, preferire, ascoltare, ammirare, perdonare ecc.

Tali algoritmi non sono coordinati da un organo di controllo centrale, ma agiscono autonomamente, in modi a volte incoerenti e conflittuali, creando “doppi vincoli” (nel senso definito da Gregory Bateson) che possono dar luogo a immobilismo, frustrazioni e disagi psichici.

In estrema sintesi, si potrebbe dire che la mente sia fatta per rispondere a domande come le seguenti (e agire automaticamente di conseguenza):

  • Come reagisce X se faccio la cosa Y?
  • Come mi conviene reagire se X fa la cosa Y?
  • Cosa mi conviene comportarmi rispetto a X in caso di Z?
  • ecc.

dove X può essere sostituito con qualunque persona, Y con qualunque azione (o pensiero) e Z con qualunque evento o situazione.

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