Libero arbitrio e interazioni

Libero arbitrio e interazioni

Il libero arbitrio consiste, a mio parere, nella capacità di scegliere gli input e gli output del proprio corpo inteso come sistema. Gli input e gli output possono consistere in informazioni, energie e sostanze. Le informazioni possono essere, ad esempio,  segnali, comandi, dati, narrazioni, forme ecc., le energie movimenti, trasferimenti e trasformazioni di materia e di energia, e le sostanze alimenti e altri agenti chimici.

In molti casi la libera scelta di un certo input comporta la scelta obbligata di un certo output e viceversa, nel senso che l’oggetto della scelta è in realtà l’attivazione o l’arresto di una certa interazione. Questa, a sua volta, comporta per definizione certi input e certi output secondo particolari algoritmi o procedure. Infatti, normalmente, ad un certo input (cor)risponde un certo output, e un certo output provoca un certo input come feedback (con un certo grado di aleatorietà).

In generale possiamo dunque dire che il libero arbitrio consiste nella capacità di scegliere quale interazione iniziare (o interromperre) tra il proprio corpo e il mondo esterno (di cui fanno parte altre persone, animali, computer, oggetti ecc.), oppure tra il proprio io cosciente e il resto del proprio corpo (come ad esempio quando si pensa, si immagina, si riflette, si scrive e/o vengono rievocate certe memorie). Possiamo pertanto distinguere le interazioni rispettivamente in esterne e interne, tenendo conto del fatto che ogni interazione esterna ne comporta normalmente qualcuna interna, e viceversa.

Ad esempio, possiamo scegliere se restare nel posto dove siamo oppure spostarci in un altro, se continuare a guardare nella stessa direzione o guardare in una diversa, se stare soli o in compagnia, se essere comunicativamente “chiusi” oppure interagire con una certa persona o più di una, se continuare ad interagire con una certa persona o smettere di farlo, se partecipare ad un evento sociale o no, se fare o non fare un certo viaggio, se leggere un certo libro o giornale o un altro, se vedere un certo film oppure un altro, se ascoltare un certo programma alla radio oppure un altro, se cercare il silenzio o certi suoni, se bere una certa bevanda oppure un’altra o astenersi dal bere (lo stesso dicasi per il mangiare), se mettere in ordine il proprio ufficio o no, se iscriversi alla facoltà di filosofia o a quella di fisica, se continuare ad oziare o cominciare una particolare attività, se continuare a fare ciò che stiamo facendo oppure fermarci o cambiare attività ecc.

Il libero arbitrio consiste dunque, a mio parere, nella scelta (libera e consapevole) tra interagire e non interagire, con chi o cosa interagire, in quali modi, dove, quando e fino a quando.

Una tale scelta è comunque solo parzialmente libera in quanto è più o meno dettata dalla situazione. In altre parole, il cosiddetto “libero” arbitrio è sempre parzialmente condizionato da circostanze più o meno volute, caratterizzate da certi vincoli ed opportunità, e determinate da cause spesso indipendenti dalla nostra volontà. L’arbitrio è infatti libero non più del giocatore che sceglie quali carte giocare tra quelle che gli sono capitate per caso.

Suppongo che l’uomo sia il solo animale capace di libero arbitrio, ovvero in grado di scegliere consapevolmente le proprie interazioni (esterne e interne) tra le opzioni a sua disposizione e di cui è al momento consapevole.

Inoltre, dato che una modalità di interazione può essere istintiva o appresa, nel secondo caso, per poter interagire in un certo modo, è necessario aver imparato a farlo. Ne consegue che quanti più modi di interagire uno ha appreso, tanto più è grande la sua libertà di scelta e viceversa.

Per definizione, il libero arbitrio è cosciente. Infatti, sebbene sia l’uomo che gli altri esseri viventi scelgano continuamente, automaticamente, involontariamente e inconsciamente le loro interazioni esterne e interne, la specie umana sembra essere l’unica capace di fare alcune di tali scelte in modo volontario e consapevole, anche se ciò avviene, a mio avviso piuttosto raramente.

La conclusione di questo discorso è che, in certi momenti (più o meno rari) noi possiamo fare una meta-scelta, ovvero, scegliere se scegliere consciamente o inconsciamente, volontariamente o involontariamente, le nostre interazioni sia esterne che interne. Per esempio, dovendo fare un discorso in pubblico, possiamo scegliere se parlare “a braccio” oppure leggere un testo che abbiamo precedentemente preparato per l’occasione.

Non sto asserendo che sia sempre meglio scegliere consciamente e volontariamente piuttosto che il contrario, ma che possiamo farlo se lo vogliamo, ovvero se siamo consapevoli che, così facendo, possiamo meglio soddisfare i nostri bisogni al momento e/o in seguito.

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