Perché c’è competizione fra gli esseri umani?

Perché c’è competizione fra gli esseri umani?

(Mio intervento al caffè filosofico di “Conduco un dialogo” il 14/2/2022 sul tema “Perché c’è competizione fra gli esseri umani?”)

Nel vocabolario Treccani il termine “competizione” è definito come “Gara, lotta, contrasto, antagonismo, fra persone o gruppi che cercano di superarsi, di conquistare un primato e simili; talora sinonimo di concorrenza.”

Quando si chiede il perché di un fenomeno, ci si aspetta una risposta che esprima una causa involontaria e meccanica, oppure una volontà che corrisponde ad una certa finalità. Nel secondo caso si tratta di una scelta umana consapevole e razionale, cioè basata su un bisogno o un desiderio da soddisfare, e un ragionamento su come soddisfarlo.

Per quanto riguarda la competizione tra umani, io credo che il motivo sia del tutto naturale, e sia lo stesso che osserviamo nelle altre specie animali. Queste sono infatti quasi tutte competitive sia in senso intraspecifico che interspecifico.

Direi che in ogni forma di vita la competizione emerge in tutti i casi in cui le risorse disponibili sono insufficienti per soddisfare tutte le richieste, per cui qualche richiedente dovrà rinunciarvi in tutto o in parte.

Infatti, a mio avviso, in mancanza di meccanismi di regolazione della concorrenza, come, costumi, leggi o gerarchie di potere, ogni individuo tende istintivamente a impossessarsi delle risorse limitate prima di ogni altro.

Alla competizione istintiva, nel caso degli umani, si aggiunge la competizione culturale e quella ragionata.

La competizione culturale è implicita in ogni cultura, che ne stabilisce i limiti e le regole, che possono essere più o meno restrittive da cultura a cultura.

La competizione ragionata è quella strategica e tattica di ogni individuo che, all’interno delle regole della competizione della sua comunità, decide il proprio “progetto di competizione”, che consiste in attività tese a far diventare il soggetto più competitivo possibile.

Nelle culture storiche (cioè non quelle preistoriche) la competitività si basa soprattutto sul denaro e sul potere economico, sul possesso di beni convertibili in denaro, sulla potenza militare, sulla reputazione intellettuale e morale, sugli appoggi politici, sull’affiliazione a bande criminali, e sulla forza, bellezza, intelligenza e abilità della persona.

Tutte queste cose costituiscono gerarchie di competizione che permettono ai beneficiari di ottenere vantaggi che ad altri sono preclusi, secondo la loro posizione nelle gerarchie stesse.

Per quanto sopra, credo che la domanda iniziale dovrebbe essere cambiata in “Perché non dovrebbe esserci competizione fra esseri umani?”. La risposta a questa domanda, a mio avviso, dovrebbe essere: la competizione non può essere eliminata senza incorrere in gravi danni, ma solo controllata per evitarne gli eccessi.

Per esempio, nella scelta del partner sessuale è impensabile, per ovvi motivi, eliminare la competizione per il partner più attraente (in tutti i sensi).

Un altro esempio: in economia, l’eliminazione della competizione tra cittadini per i beni materiali, caratteristica fondamentale del comunismo, ha dimostrato di avere effetti disastrosi per l’economia.

D’altra parte il capitalismo, con lo sviluppo tecnologico che rende sempre meno necessario il lavoro umano, se non viene moderato in qualche modo, potrebbe far aumentare a dismisura la povertà e la disparità tra i più abbienti e i meno abbienti.

Altro esempio: l’eliminazione della concorrenza industriale e commerciale mediante la costituzione di monopoli pubblici o privati fa alzare i prezzi delle merci e dei servizi, e ne fa diminuire la qualità.

Per concludere, credo che la scelta più saggia riguardo alla competizione non sia quella di eliminarla, ma di stabilire i suoi limiti affinché continui a costituire un fattore di progresso, di motivazione e di soddisfazione personale.

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