Qualcuno mi ha detto che, se quando pensiamo ci affidiamo troppo a degli schemi, rischiamo di perderci dei pezzi significativi.
Io direi che il rischio non sia tanto quello di affidarsi troppo ad uno schema, quanto quello di affidarsi ad uno schema errato o insufficiente per comprendere, cioè per spiegare, una certa realtà (esteriore e/o interiore).
Tuttavia, se vogliamo filosofare non possiamo fare a meno di seguire qualche schema. Forse si può vivere non pensando, o pensando il meno possibile, ma dubito che si possa pensare senza seguire qualche schema. Infatti noi pensiamo usando un linguaggio e un linguaggio è fatto di parole a cui diamo significati. Ogni significato implica un contesto, o schema, in cui una certa parola ha un certo significato. In altre parole, un testo senza un contesto (cioè senza uno schema in cui porlo) non significa nulla. Infatti “contesto” è da leggersi come con-testo.
Come ci insegna Gregory Bateson, non possiamo comprendere le cose in sé, ma solo le relazioni tra le cose, e io aggiungo che la conoscenza della relazione tra due “cose” costituisce già uno schema razionale.
La paura della razionalità, o la diffidenza verso di essa, è giustificata dal rischio che si tratti di una razionalità errata, insufficiente o fuorviante. Di fronte a tale rischio ci sono due opzioni: (1) ragionare il meno possibile e/o non fidarsi del ragionamento, o (2) correggere e migliorare i ragionamenti propri e altrui. Io ho scelto l’opzione 2.