Sul valutare

Sul valutare

Nulla ha valore in sé. Qualsiasi ente (cioè qualunque cosa vivente o non vivente, o idea) ha il valore che ad esso certi esseri viventi attribuiscono in funzione dei propri bisogni. Il valore è comunque relativo e variabile, dato che due esseri viventi possono attribuire un valore diverso allo stesso ente. Inoltre uno stesso essere vivente può attribuire un valore diverso ad un certo ente in diverse situazioni.

Ciò che vale viene raccolto, ricercato, desiderato, amato, conservato, rispettato, salvaguardato, celebrato, adorato, amato, apprezzato, seguìto, imitato, retribuito; mentre ciò che non vale viene ignorato,  abbandonato, escluso, distrutto, disprezzato, odiato, respinto, punito, allontanato, ucciso.

Per di più, gli umani si valutano reciprocamente e temono di essere valutati negativamente, ovvero svalutati. Infatti, per un umano essere valutato negativamente dalla maggior parte degli altri può comportare la morte o una dolorosa emarginazione.

Inoltre le valutazioni sono significative per determinare le gerarchie sociali, nel senso che chi riceve le valutazioni più positive ha maggiori possibilità di occupare i posti più alti nelle varie gerarchie sociali.

Le persone che danno ad uno stesso ente lo stesso valore (positivo o negativo) tendono a valutarsi positivamente reciprocamente. Le persone che danno ad un ente valori contrastanti (uno negativo, l’altro positivo) tendono a valutarsi negativamente reciprocamente. L’effetto emotivo, nei rapporti tra due persone, del contrasto delle loro valutazioni verso terzi è stato teorizzato da Fritz Heider (vedi la sua teoria dell’equilibrio cognitivo).

Per quanto sopra, gli umani sono ossessionati dalle valutazioni altrui e dalle proprie, sia verso terzi che nei propri confronti, dato che ognuno viene valutato anche in base al modo in cui valuta i terzi e se stesso.

Nonostante ciò, o proprio a causa di ciò, gli umani esitano a parlare esplicitamente delle proprie valutazioni e autovalutazioni. Temono infatti di essere valutati negativamente a causa delle proprie valutazioni, che tendono perciò ad esprimere solo verso coloro che presumibilmente sono d’accordo con esse.

A complicare questa faccenda è il fatto che ogni valutazione può essere essa stessa oggetto di valutazione. Suppongo infatti che ogni ente, nel momento in cui esso viene contemplato da un essere vivente, è oggetto di valutazione da parte di questo (anche solo per decidere in che misura esso sia importante).

Di conseguenza, anche il presente documento, che è dedicato al valutare, è oggetto di valutazione da parte mia, e può esserlo da parte di tutti coloro a cui capita di conoscerlo. Per di più, io mi aspetto di essere valutato in quanto autore di questo documento, in funzione del valore che viene attribuito al documento stesso.

Si potrebbe dunque dire che ogni valutazione comporta ulteriori valutazioni da essa derivate, sia nei confronti dell’ente valutato, sia nei confronti del valutatore.

In altre parole, se io valuto in un certo modo un certo ente, valuto automaticamente coloro che sono d’accordo con la mia valutazione e coloro che non sono d’accordo con essa, e al tempo stesso mi espongo ad essere valutato in funzione della mia valutazione.

Queste connessioni logiche tra valutazioni possono essere talmente complesse e cariche di affettività positive e negative, da causare uno stress emotivo e una rimozione in senso psicoanalitico.

Succede infatti spesso, in ogni umano, che la rete delle proprie valutazioni sia rimossa, tutta o in parte, nel suo inconscio, mentre a livello cosciente egli cerchi di evitare di esprimere esplicitamente qualsiasi valutazione che possa contrastare con quelle della propria comunità di appartenenza e quelle delle persone della cui cooperazione ha bisogno.

Per quanto riguarda i rapporti interpersonali, esprimere valutazioni negative su certe idee e/o certi comportamenti dell’interlocutore è normalmente causa di conflitto e di ostilità. Infatti la valutazione negativa può essere percepita, da chi la riceve, come atto ostile, finalizzato ad offenderlo o umiliarlo, anche quando si tratta della pacifica esposizione di una parere diverso. È anche vero che a volte una valutazione negativa può essere espressa solo per ferire l’interlocutore.

Le valutazioni negative possono dunque essere usate come armi per umiliare, o essere considerate come tali da chi le riceve, anche quando non lo sono. Questo fatto contribuisce a mantenere una censura riguardo all’espressione di valutazioni.

Il concetto di valutazione può essere una chiave per comprendere l’umorismo, cioè le dinamiche che sono alla base dell’effetto umoristico di certe interazioni sociali.

Infatti, se è vero che l’effetto umoristico è dovuto all’improvvisa trasformazione di un contesto da minaccioso a rassicurante, i due contesti potrebbero essere caratterizzati il primo da una valutazione negativa, il secondo da una positiva, valutazioni in cui lo spettatore si identifica in qualche modo come valutato e/o come valutatore.

Il concetto di valutazione può essere anche una chiave per comprendere il conformismo, in quanto fenomeno di imitazione o riproduzione di valori. Intendo dire che un umano, preso atto del valore che gli altri attribuiscono a certi enti, tende a riconoscere tali valori come tali, e a farli propri, allo scopo di facilitare la propria integrazione sociale e la propria appartenenza ad una comunita, laddove una comunità è essenzialmente una collettività che condivide certi valori.

Per concludere, a mio avviso abbiamo tutto l’interesse a considerare consapevolmente, ovvero consciamente, le valutazioni nostre e quelle altrui, sia per correggerle e migliorarle, sia per capire quando è opportuno rivelarle e quando conviene evitare di farlo.

E allora, vedendo una foto, un film, uno spettacolo, o leggendo un libro, può essere utile chiedersi: quali valori? Quali valutatori? Quali valutazioni? Quali conseguenze delle valutazioni? Quali contrasti e quali affinità tra valutazioni di persone diverse?

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