Se è vero, come dice Carlo Rovelli, che la nostra identità coincide con la nostra memoria (in tutte le sue forme), la quale è il risultato dell’elaborazione delle nostre esperienze, ne consegue che se vogliamo cambiare mentalità, personalità, visione del mondo e atteggiamento verso la vita e verso gli altri, dobbiamo cambiare la nostra memoria, ovvero le informazioni che essa contiene.
Tale cambiamento, con la tecnologia di cui disponiamo oggi, non può che essere molto limitato. Forse in un futuro più o meno lontano sarà possibile trapiantare da una persona all’altra un intero cervello o parti di cervello, o copiare la memoria di un cervello (intesa come “software”) in un altro, ma oggi no. Quello che possiamo invece fare già oggi è copiare parti di memoria da una persona all’altra tramite la comunicazione, attraverso la conversazione, l’insegnamento, la lettura di libri e, in generale, il consumo di informazioni (giornali, internet, cinema, TV, radio, canzoni ecc.).
Quando, per esempio, leggiamo un libro, avviene che una parte della memoria dell’autore del libro viene copiata nella nostra, ovvero aggiunta ad essa. E quando, ad esempio, cerchiamo di indurre una persona a condividere le nostre opinioni, stiamo praticamente cercando di copiare una parte della nostra memoria in quella del nostro interlocutore.
Quando una memoria esterna viene aggiunta alla memoria di un soggetto, possono esserci due esiti.
1) La nuova parte di memoria è compatibile, ovvero coerente, con la memoria preesistente, per cui abbiamo un completamento, ovvero una conferma o rafforzamento della stessa.
2) La nuova parte di memoria è logicamente o emotivamente incoerente, ovvero conflittuale, con la memoria preesistente, per cui si determina una situazione di instabilità psicologica (dissonanza o squilibrio cognitivo-emotivo) ovvero una incertezza riguardo a quale delle due “versioni” di memoria deve essere considerata valida e perciò utilizzabile, specialmente nei rapporti con gli altri. Questo squilibrio può essere più o meno intenso e dare luogo a disturbi psichici più o meno gravi.
Nel secondo caso, può avvenire che la dissonanza cognitivo-emotiva permanga, oppure che si risolva con la graduale rimozione delle parti di memoria dissonanti considerate disfunzionali rispetto alle motivazioni del soggetto. Questo, però, che non significa che vengono rimosse le parti di memoria meno veritiere, anzi, spesso vengono rimosse verità scomode a favore di confortanti falsità.
L’idea che noi “siamo” il contenuto della nostra memoria, può essere molto utile per migliorare la nostra capacità di comprendere il prossimo, in quanto ci può aiutare a sviluppare una capacità di immaginazione e immedesimazione con il punto di vista altrui.
In tal senso, un esercizio molto utile sarebbe quello di immaginare di avere una memoria diversa dalla nostra, di aver fatto esperienze diverse dalle nostre e di guardare il mondo con questa diversa memoria e queste diverse esperienze. E, più in particolare, quando osserviamo qualcuno comportarsi in un certo modo diverso da quello in cui noi ci comporteremmo, proviamo ad immaginare di copiare una parte della memoria di quella persona nel nostro cervello. Allora forse comprenderemo quel comportamento.