Etica del gradimento

Etica del gradimento

Per «Etica del gradimento» intendo un’etica più efficace e più gradevole rispetto a quelle normative. 

Per «etica normativa», o «del dovere», intendo qualsiasi etica che consiste in obblighi e divieti, predefiniti e assoluti, sia verso gli altri che verso se stessi.

Diversamente dalle etiche normative, l’Etica del gradimento non comporta regole di comportamento predefinite, ma raccomandazioni generali aventi come scopo la soddisfazione dei bisogni e dei desideri propri e altrui, e, di conseguenza il conseguimento del piacere e l’evitamento del dolore fisici e mentali propri e eltrui.

Infatti io assumo che il piacere (fisico o mentale) viene suscitato dalla soddisfazione di un bisogno o di un desiderio, così come il dolore (fisico o mentale) viene suscitato da una prolungata insoddisfazione di un bisogno o di un desiderio.

In altre parole, si può dire che un essere umano “gradisce” (cioè trae piacere da) tutto ciò che concorre alla soddisfazione dei propri bisogni e desideri, e non gradisce (cioè trae dolore o dispiacere da) tutto ciò che ne può impedire la soddisfazione.

Le regole fondamentali dell’etica normativa più diffusa nella cultura occidentale, quella cristiana, sono le seguenti:

  1. Ama il prossimo tuo come te stesso, cioè fai al prossimo tuo ciò che vorresti fosse fatto a te.
  2. Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.

Oltre a queste regole generali, ogni cultura o religione include regole normative particolari, cioè obblighi e divieti piuttosto precisi che riguardano costumi, alimentazione, sessualità, contatti fisici, abbigliamento, estetica, simboli, riti, tradizioni, relazioni sociali, rapporti familiari, comunicazione, aborto, eutanasia ecc.

Sia le regole generali che quelle particolari delle etiche normative generalmente non prendono in considerazione le differenze di temperamento, di carattere, di intelligenza, di cultura, di gusti, di condizioni economiche ecc. tra esseri umani. In altre parole, non tengono conto delle differenze nei desideri e nelle preferenze individuali.

Di conseguenza, un importante inconveniente delle etiche normative è che io posso trattare una persona in un modo per me desiderabile, mentre quella lo ritiene indesiderabile, come pure io posso astenermi dal fare a una persona una certa cosa che io ritengo indesiderabile, mentre quella persona ritiene quella cosa desiderabile. Il risultato è una frustrazione per entrambe le parti.

Per superare tale inconveniente delle etiche normative, mi sono chiesto chiesto, se non sia preferibile adottare un tipo di etica alternativo, che io definirei “etica del gradimento”, o “etica edonistica” o “etica del piacere”, dove per “piacere” e per “dolore” intendo non solo quelli fisici, ma soprattutto quelli mentali, come ad esempio il piacere di sentirsi apprezzati o il dolore di sentirsi disprezzati.

A differenza delle etiche normative, l’Etica del gradimento non include regole di comportamento precise, ma raccomandazioni generali e proposte sempre negoziabili aventi come scopo la ricerca del piacere e l’evitamento del dolore propri e altrui attraverso la soddisfazione dei rispettivi bisogni e desideri.

Infatti, un essere umano riesce a soddisfare i propri bisogni e desideri solo attraverso la cooperazione con altri umani e questa cooperazione può essere ottenuta, tra adulti, solo attraverso la soddisfazione dei rispettivi bisogni e desideri (escludendo altri mezzi come la violenza e l’inganno).

Le regole fondamentali dell’Etica del gradimento da me immaginata sono le seguenti:

  1. Fai al prossimo tuo ciò che egli gradisce gli venga fatto, purché e finché tale comportamento non causi la frustrazione dei tuoi bisogni e dei tuoi desideri.
  2. Non fare al prossimo tuo ciò che egli non gradisce gli venga fatto, purché e finché tale astensione non causi la frustrazione dei tuoi bisogni e dei tuoi desideri.
  3. Cerca di sapere cosa il prossimo tuo gradisce e cosa non gradisce che gli venga fatto, affinché tu possa seguire correttamente le regole 1 e 2.
  4. Fai sapere al prossimo tuo ciò che tu gradisci e ciò che non gradisci che ti venga fatto, affinché egli possa seguire correttamente le regole 1 e 2.

Applicare l’Etica del gradimento è, per definizione, un esercizio gradevole proprio perché lo scopo di tale etica è il gradimento: sia quello di chi beneficia del comportamento etico, sia quello di chi lo esercita. Inoltre l’Etica del gradimento comporta esplicitamente una desiderabile reciprocità che non è contemplata, in generale, nelle etiche normative.

Data la gradevolezza e razionalità dell’Etica del gradimento, la sua diffusione dovrebbe essere molto più facile, e perciò molto più ampia, incisiva ed efficace, rispetto a quella di qualunque altra etica.

La regola più difficile dell’Etica del gradimento è la numero 3. Infatti capire cosa ogni persona particolare gradisce e cosa non gradisce richiede una sensibilità e una cultura umanistica (specialmente psicologica) che molte persone sembrano non possedere a sufficienza.

Pertanto la “dottrina” dell’Etica del gradimento dovrebbe essere accompagnata dall’insegnamento di una psicologia finalizzata soprattutto allo studio dei bisogni, dei desideri, delle emozioni e dei sentimenti umani, in generale e nelle possibili variazioni individuali.

 

Etica del gradimento e cooperazione

Una cooperazione basata sull’Etica del gradimento rende gradita a entrambi i contraenti la cooperazione stessa, assicurandone la stabilità.

In tal senso, infatti, cooperare diventa un piacere piuttosto che un dovere.

Per facilitare l’incontro e il riconoscimento tra persone intenzionate a cooperare secondo l’Etica del gradimento, queste dovrebbero manifestare esplicitamente la loro disponibilità e il loro interesse in tal senso. A tale scopo sarebbe utile definire dei segnali di riconoscimento, dei distintivi, dei simboli, delle icone, che possano indicare l’adesione all’Etica del gradimento, come ad esempio, la seguente icona:

 

Etica del gradimento e competizione

A mio parere, ognuno “gradisce” essere più competitivo degli altri e occupare i gradini più alti (per quanto possibile) nelle varie gerarchie sociali. In altre parole, ognuno gradisce essere superiore piuttosto che inferiore agli altri, comandare piuttosto che obbedire, servirsi dell’altro piuttosto che servire l’altro, anche se nella nostra cultura tale tendenza è spesso dissimulata in quanto considerata “politicamente scorretta” o immorale.

Come gestire la competizione (cioè il bisogno o desiderio di supremazia) nel quadro dell’Etica del gradimento?

Volendo fare cosa gradita ad una persona, per soddisfare il desiderio di supremazia di quella, uno dovrebbe rinunciare a soddisfare il proprio, ma questo è in contrasto con la regola numero 1 dell’Etica del gradimento, che dice “Fai al prossimo tuo ciò che egli gradisce gli venga fatto, purché e finché tale comportamento non causi la frustrazione dei tuoi bisogni e dei tuoi desideri.”

Se si vuole evitare una soluzione violenta o frustrante, questo stallo si può superare mediante una franca negoziazione.

A tale scopo, in primo luogo i contendenti dovrebbero ammettere sinceramente di voler competere per una certa supremazia in un certo campo o su una certa questione.

In secondo luogo dovrebbero trovare un accordo sulla procedura di assegnazione della supremazia stessa.

Per esempio, i due potrebbero accordarsi sulla scelta di un arbitro che stabilisca chi debba avere la supremazia e a quali condizioni. Oppure potrebbero accordarsi per stabilire le regole per determinare  ogettivamente la supremazia di uno sull’altro. Oppure potrebbero assegnare la supremazia alternativamente, per un certa durata all’uno e poi per la stessa durata all’altro, ecc.

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